Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

12.9.1942, affonda il piroscafo Laconia, una pagina ingloriosa della marina inglese

di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

Nella notte del 12 settembre del 1942 gli inglesi e la loro marineria, scrissero una pagina ingloriosa, una delle tante.
1800 prigionieri italiani furono condannati a morte dagli inglesi lasciandoli chiusi nelle stive mentre la nave si inabissava nell’oceano.
Il piroscafo Laconia fu silurato dall’U-Boot 156 che riuscì a raccogliere solo qualche decina di naufraghi.
 Per non dimenticare mai, in tempi come questi che stiamo quotidianamente vivendo, che cosa significhi morire come topi, nelle camere a gas dei lager, o come nei regimi, o col napalm, o con l’atomica …o da emigranti di poppa.
Il vero discernimento sta nell’eterna lotta tra il bene e il male che è dentro di noi.

CONDANNATI A MORTE CERTA 1800 PRIGIONIERI ITALIANI – RICORRE IL 12 SETTEMBRE L’ANNIVERSARIO DI UNA TRAGICA VICENDA IN CUI GLI INGLESI SI COMPORTARONO DA AGUZZINI
di Raffaele Migneco

Era il 12 settembre 1942, quando il Laconia è colpito da due siluri, a largo dell’isola di Ascensione.
Si trattava di un transatlantico inglese, convertito in mercantile armato, di circa 19.000 tonn. che era partito da Suez, con a bordo 852 tra ufficiali e militari inglesi e polacchi, 80 tra donne e bambini , e 1800 prigionieri italiani catturati nei combattimenti davanti ad El Alamein del mese di luglio. Questi ultimi facevano parte delle divisioni Trieste, Sabratha, Brescia, Pavia, Trento ed Ariete; molti di loro erano siciliani. Facevano da carcerieri centosessanta soldati polacchi, che già sin dallo inizio del viaggio si comportarono da aguzzini con maltrattamenti gratuiti nei confronti dei prigionieri italiani .
Appena colpita appare subito evidente che la nave è condannata. I carcerieri serrano le cancellate della stiva ove si trovano i prigionieri e sparano su chiunque tenti di forzarle. Molti italiani cadono sotto i colpi da arma da fuoco o infilzati da baionette.
E mentre ciò accade, i passeggeri inglesi si imbarcano comodamente sulle scialuppe indifferenti alla tragedia che si consuma nelle stive. Le scene terrificanti raccontate dai superstiti possono solo essere immaginate. Per fortuna alcune centinaia di italiani riescono a sfondare le grate e gettarsi in mare. Ma qui li attende una sorte peggiore perché allorchè si aggrappano ai bordi delle scialuppe vengono mozzate loro le mani a colpi di ascia e si spara su chiunque sia nei pressi delle scialuppe. Quando dopo un’ora la nave cola a picco il sommergibile tedesco U- boot 156 che ha lanciato, emerge. Il comandante Hartenstein tira a bordo due naufraghi italiani ed appresa la composizione degli occupanti della nave, dispone subito di ripescare i naufraghi senza distinzione di nazionalità e radiotelegrafa al comando sommergibili a Parigi. L’amm. Doenitz comandante dei sommergibili germanici, avalla subito il comportamento cavallesco di Hartenstein e dispone che confluiscano in zona altri due sommergibili tedeschi ed il sommergibile italiano Cappellini e chiede ai Francesi di mandare soccorsi da Dakar , da dove partono a tutta forza tre unità.
L’operazione di salvataggio posta in essere dai tedeschi è quanto di più bello e cavalleresco si possa immaginare nel corso di una guerra ed avvengono cose che secondo le regole di ingaggio in mare non dovrebbero mai farsi. Ed infatti il comandante Hartenstein riempie la coperta del suo sommergibile di naufraghi, stende sulla coperta del battello la bandiera della Croce Rossa, e lancia un radio messaggio in chiaro sulla lunghezza d’onda 25 agli inglesi:
“Se qualche nave vuole aiutare a raccogliere i naufraghi dell’equipaggio del Laconia , non la attaccherò, a condizione che io stesso non sia attaccato da navi o aeroplani . Ho salvato 193 uomini, 4°52’ sud, 11° 26’ ovest . Sommergibile tedesco“.
Nonostante ciò, il 17 settembre il sommergibile U-506 con 142 naufraghi sul ponte tra cui donne e bambini, venne attaccato da un grosso idrovolante americano che lancio bombe a più riprese, che per fortuna non colpirono il battello ma arrecarono solo danni di una certa gravità.
Alla fine delle operazioni i tre sommergibili dell’Asse e le unità francesi partite da Dakar salvarono 1111 naufraghi di cui 661 tra inglesi e polacchi compresi donne e bambini, e solo 450 dei 1800 italiani imbarcati.
Oggi noi ricordiamo questi ultimi con affetto ed orgoglio.
Per chi volesse saperne di più:
Doenitz – “dieci anni e 20 giorni” Garzanti , 1960.
Trizzino “Sopra di noi l’oceano” Longanesi 1968.
Donatello Bellomo – “prigionieri dell’oceano” – Sperling & Kupfer 2002. Narrazione storica in chiave romanzata.

8 commenti

  • Ferdinando Napoletano

    Sono convinto che le guerre non si dovrebbero mai fare, o farle fare ai capi di governo che la dichiarino; guerre e porcate, ufficiali ” gentiluomini ” non sempre! Esempio ; quando le forze alleate liberarono Cassino da pochi tedeschi che la occupavano, un generale francese che comandava un reparto di marocchini,Diede ordini di violentare le donne del loco.

  • Ugo Conte

    Sempre loro. .I figli della perfida “Albione “….sempre distinti per spregio e cattiveria verso di noi.Ed andiamo pure a studiare e fare vacanze da loroo. .Vergognaaaa. ..!!

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *