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7 luglio 2004, Vincenzo Di Rocco

di Carlo Di Nitto

In questi giorni, circa settantaquattro anni fa, si consumava a Cefalonia la tragedia della Divisione “Acqui” che rappresenta, senza ombra di dubbio, il primo atto della Resistenza italiana. Uno dei protagonisti di quella gloriosa vicenda, sopravvissuto a quei tristi eventi, fu il nostro concittadino, comandante Vincenzo Di Rocco. Desidero ricordarne la splendida figura di uomo e marinaio.

Vincenzo DI ROCCO nacque a Gaeta i1 30 agosto 1916. Conseguito nell’anno scolastico 1936 – 37 il diploma di Capitano di Lungo Corso presso l’Istituto Nautico di Gaeta, all’atto dello scoppio della seconda guerra mondiale venne avviato alle armi nella Regia Marina Italiana come ufficiale di complemento.
Alla proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, Vincenzo Di Rocco, con il grado di Sottotenente di Vascello, si trovava nella base navale di Argostoli, principale città dell’isola greca di Cefalonia, assegnato, quale Capo Squadriglia, alla 37^ Flott. Dragaggio. Contemporaneamente svolgeva servizio presso il locale Comando Marina con incarico di Ufficiale addetto alle operazioni e comunicazioni.
A Cefalonia si rese eroicamente protagonista nei tristissimi avvenimenti che coinvolsero la Divisione “Acqui” nella drammatica lotta contro le truppe naziste di occupazione.
Fu tra gli Ufficiali che per primi si schierarono con fermezza nella decisione di non cedere le armi ai tedeschi e di resistere senza compromessi dopo il loro ultimatum. Non esitò, con i suoi marinai, a puntare le armi contro i nazisti e a disarmarli nel momento in cui avevano, con un blitz, ammainato la Bandiera italiana in piazza Valianos. Nei giorni in cui infuriarono i combattimenti svolse importanti ruoli di collegamento fra il Comando e i reparti impegnati.
Quando poi si rese necessario chiedere aiuti in Italia perché la resistenza era diventata impossibile, fu autore di una notevole impresa nella quale diede prova anche di eccezionale perizia marinaresca. Il l8 Settembre 1943, infatti, su incarico del Generale Gandin e del Capitano di Fregata Mastrangelo, suo diretto superiore, venne prescelto e inviato in Puglia per riferire a Supermarina e al Comando Supremo la situazione critica di Cefalonia e chiedere aiuti immediati.

«Per far avere un quadro chiaro della situazione al Comando supremo … si mette a disposizione il motoscafo della Croce Rossa che … con un po’ di fortuna in dodici ore può arrivare nel Golfo di Otranto. … Per spiegare le precarie condizioni della “Acqui” va bene il STV Di Rocco. … Alle ore 21 il motoscafo è condotto fuori dal porto a motore spento, usando remi fasciati. Da Argostoli lo seguono gli occhi e le preghiere di molti. …».

L’impresa, molto rischiosa, doveva compiersi in condizioni estreme sotto la costante minaccia delle armi tedesche con un motore rabberciato alla meglio e poco carburante, viveri ed acqua razionati appena sufficienti per alcuni giorni, una bussola a liquido relativamente affidabile recuperata da un motopesca affondato nel porto di Argostoli, una carta nautica della zona dove doveva svolgersi la navigazione.
L’equipaggio era formato dai seguenti uomini:

– Capo Nocchiere 2^ Cl. Papetti Federico;
– 2° Capo Mecc. De Candia Giovanni;
– e gli Avieri Scelti Radaelli Mario e Sessa Antonio.

«… A Brindisi giunge dopo un’odissea di quasi settantadue ore. Il motore dello scafo si è spento in mezzo al mare. Di Rocco ha allora combinato una vela di fortuna con i remi di emergenza e il telo di copertura …».

Nella sua relazione scrisse: «… Con la vela di fortuna riuscimmo durante la notte, per il vento di scirocco, ad avvicinarci alla costa di venti miglia, ed all’alba avvistammo la costa fra Leuca e Gallipoli: i due motoristi di bordo ripresero i tentativi per mettere in moto riscaldando il motore; nel locale del motore si ebbe un incendio che a stento si riuscì a domare; intanto all’alba il vento era cambiato soffiando da tramontana e ci allontanava dalla costa: feci ammainare la vela. Alle 11 circa del giorno 21 si riuscì finalmente, dopo aver riscaldato il motore, a mettere in moto con una maniglia di fortuna; la costa era ancora in vista e così decisi di entrare nel porto di Gallipoli perché la benzina rimasta non mi avrebbe consentito di raggiungere Brindisi. …».

Soltanto la perizia marinaresca del S.T.V. Di Rocco aveva permesso di superare le notevoli difficoltà incontrate, evitando di aggiungere un’ulteriore tragedia a quella che si stava consumando a Cefalonia.
La missione, purtroppo per la “Acqui”, non ebbe seguito. Gli aiuti richiesti non furono mai inviati, con le tragiche conseguenze che la storia ci ha insegnato.
Il 24 Settembre il Comando Supremo Germanico dichiarò: «La divisione italiana ribelle sull’isola di Cefalonia è stata distrutta». La tragedia si era compiuta. A Cefalonia 1.300 italiani morirono durante i combattimenti, 5.000 furono passati per le armi e 3.000, fatti prigionieri, scomparvero in mare per l’affondamento delle navi che li trasportavano.
E, forse, grazie a questa missione in Italia che Vincenzo Di Rocco non venne fucilato dai tedeschi, insieme con gli altri eroici Caduti di Cefalonia.
Il Cappellano militare della “Acqui” Don Luigi Ghilardini nel suo libro “I Martiri di Cefalonia” così scrisse: «Cefalonia è stata una pagina di purissima gloria per la nostra bandiera, una pagina però che si è voluto accantonare forse nel timore che essa rinfacciasse una lezione a chi, in quel drammatico momento della nostra storia, nelle identiche circostanze preferì comportarsi diversamente. …».
Dopo la guerra, Vincenzo Di Rocco continuò a vivere sul mare, apprezzato Comandante nella Marina Mercantile e ottimo padre di famiglia.
É scomparso il 7 luglio 2004.
Per molti anni autorevole Socio del Gruppo ANMI di Gaeta, nonché persona schiva e riservata, ancora oggi viene ricordato per la sua indimenticabile, nobile ed austera figura.

“Colligite fragmenta, ne quid pereat” (Giovanni. 6,12 ) – Raccogliete i pezzi perché nulla (della memoria) vada perduto.

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