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Arriva lo stoccafisso

di Mario Veronesi (*)

La storia del famoso piatto, è la storia di un naufragio.

Una storia particolare è legata a Pietro Querini patrizio veneziano della potente famiglia Querini. E’ la storia dell’arrivo in Italia del merluzzo, ho meglio del merluzzo essiccato che diviene stoccafisso, e che ha segnato la cucina italiana, veneta in particolare.
Il 25 aprile 1431 Pietro salpò da Candia verso le Fiandre a bordo della Caracca Querina con un carico di 800 barili di Malvasia, spezie, cotone, cera, allume di rocca ed altre mercanzie. Il 14 settembre, superato Capo Finisterre (Galizia) vennero sorpresi da ripetute tempeste e furono spinti sempre più verso ovest, al largo dell’Irlanda: si ruppe il timone e la nave restò disalberata, andando alla deriva per diverse settimane, trasportata dalla corrente del Golfo. Il 17 dicembre l’equipaggio decise di abbandonare il relitto semiaffondato e si divise: 18 uomini s’imbarcarono su uno Schifo (sorta di scialuppa, la più piccola di una classe di imbarcazioni da carico tipicamente siciliane, che comprende lo Schifo, lo Schifetto e lo Schifazzo) e 47 su una seconda lancia più grande. Della prima imbarcazione non si ebbe più alcuna notizia, ma la lancia più grande andò a lungo alla deriva fra razionamenti di viveri e morti continue, toccando fortunosamente terra il 14 gennaio 1432 nell’isola deserta di Sandoy, nell’arcipelago norvegese delle Lofoten, con 16 marinai superstiti.

Il Querini e i suoi compagni vissero per undici giorni bivaccati sulla costa nutrendosi di patelle e accendendo fuochi per scaldarsi e per segnalazione. Furono poi avvistati dai pescatori dell’isola di Rost, la più vicina, che andarono in loro aiuto e li ospitarono nelle loro case. La popolazione dell’isola di Rost, che i veneziani chiamarono Rustene, circa 120 abitanti era dedita alla pesca e all’essiccazione del merluzzo. Qui Querini rimase affascinato dal modo in cui questa remota popolazione conservava il merluzzo, e comprese le potenzialità che sia il baccalà che lo stoccafisso avevano. Un uomo di mare come lui si rese conto che un pesce che può essere conservato per mesi e mesi sotto sale o essiccato, vale più di mille tesori.
I veneziani rimasero circa quattro mesi nell’isola e Querini scrisse una dettagliata relazione per il Senato, oggi conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Il 15 maggio del 1432 il Querini venne aiutato dai pescatori a ripartire verso Venezia; partì con parte dei compagni (nel frattempo qualcuno si era accasato sull’isola), imbarcandosi su una barca che andava a Bergen portando 60 stoccafissi seccati. Qui lì vendette e il 12 ottobre del 1432 fece ritorno a Venezia, importandovi l’idea dello stoccafisso, che godette subito di un grande successo e che i veneziani impararono ad apprezzare, sia per la sua bontà gastronomica che per le sue caratteristiche di cibo a lunga conservazione molto utile sia nei viaggi di mare che di terra.
Gli abitanti delle isole Lofoten da allora hanno sempre nutrito una grande riconoscenza verso Pietro Querini, tanto che nel 500esimo anniversario del naufragio hanno eretto un cippo in suo onore nell’isola di Rost; inoltre un’isola delle Lofoten è stata chiamata Sandrigoya, cioè isola di Sandrigo, in ricordo della cittadina in provincia di Vicenza dove si tiene annualmente la sagra del baccalà. Per converso, a Sandrigo una piazza è stata dedicata a Rost.

(*) per saperne di più sull’autore, digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

2 commenti

  • EZIO VINCIGUERRA

    Si ringrazia Mario Veronesi per questo excursus storico culinario graditissimo e… prelibatissimo

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