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11.9.1943, autoaffondamento regio rimorchiatore d’alto mare Ciclope


di Carlo Di Nitto

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carlo-di-nitto-per-www-lavocedelmarinaio-comIl regio rimorchiatore d’alto mare “Ciclope” (1°) dislocava 1.070 tonnellate. Aveva un equipaggio di 68 uomini ed era armato con 2 pezzi da 57/43. Costruito nei Cantieri Navali Pattison di Napoli, fu varato nel 1902 ed entrò in servizio l’anno successivo. Il suo motto era “Patria e Re”.
Dopo la proclamazione dell’armistizio, andò perduto il giorno 11 settembre 1943 per autoaffondamento nel porto di Napoli. 
Recuperato a guerra finita, venne rimesso in efficienza nel 1949 con il nome “Ercole”.
Nel 1951 subì radicali lavori di ricostruzione e riclassificato come nave appoggio subacquei ed incursori.
Fu radiato nel 1964.

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Un commento

  • Franco Vallone vallone.fi@gmail.com

    Buongiorno vorrei gentilmente qualche notizia su un rimorchiatore affondato da un siluro a Briatico in Calabria.

    ‘U Vapuri affundatu
    Il rimorchiatore militare colpito da un siluro nemico

    Domenico Prostamo racconta “di quando ‘u vapuri, un rimorchiatore militare a vapore, fu colpito da un siluro nemico nel mare antistante Briatico, era un pomeriggio del 1942 o forse 1941, morirono ben 36 persone”. Le vittime furono ripescate in mare dai pescatori di Briatico “li abbiamo portati con le barche da lassù fino a riva, fino a sotto la fontana di Cocca, i cadaveri allineati sulla spiaggia, poi portati con dei carri sopra la timpa e con dei camion militari trasportati al cimitero di Briatico e successivamente a Messina per la sepoltura. Un secondo siluro mancò una vicina imbarcazione, una biga carica di munizioni ed esplosivo, il proiettile colpì invece uno scoglio a forma di piscina utilizzata dai ragazzi dell’epoca per farsi il bagno, lo scoglio denominato da Maija, era situato proprio sotto Cocca, e lo scoppio del siluro lo piallò completamente, consumandolo tutto e distruggendolo. Lo scoppio del siluro fu così potente, ricorda ancora Domenico Prostamo, che molti pesci furono visti letteralmente volare in aria e ritrovati disseminati tra la vegetazione, sulle terre del pianoro soprastante la timpa, ad oltre cinquanta metri sopra il livello del mare. Un pezzo residuo del secondo siluro lo fece recuperare il marchese don Renato Bisogni che lo volle impiantare all’interno della sua villa di Briatico, davanti al ghetto, come si entrava, sotto una palma vicino al cancello”. Saverina Prostamo, sorella di Domenico, ricorda ancora i palombari con gli scafandri che si immergevano di continuo sul relitto per smantellarlo ed i pezzi di lamiera recuperati trasportati e poi stoccati a riva a Sant’Irene. Altre testimonianze raccontano del giovane Antonio Morello, marito di Lina ‘a Palla, che riusciva a scendere in apnea a profondità considerevoli. Il nipote ….Morello ricorda ancora i racconti del nonno, diceva che “su quel relitto ad una profondità di 12 passi, circa 18-20 metri, era sceso più volte per recuperare piatti ed altre vettovaglie, ma che per la pressione un giorno aveva anche subito un danno irreparabile ad un occhio”. Franco Accorinti, ….Prostamo e Pasquale Prostamo raccontano invece dei loro padri e dei loro nonni che parteciparono al recupero delle 36 persone uccise dall’esplosione. “Furono incaricate dalle autorità militari di recuperare con degli uncini le vittime che venivano agganciate sul fondale e portate a bordo delle barche per essere poi trasportate a riva, sulla spiaggia sotto la fontana di Cocca. Ad un ultimo recupero fu dato ordine di sganciare il cadavere in mare e di rientrare velocemente alla marina. Troppo pericoloso terminare le operazioni, il coprifuoco e la notte si stavano avvicinando ed erano state segnalate presenze nemiche in mare, nelle vicinanze.”

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