Ciao Mauro Gavin arditissimo amico mio, chissà le pene che ha sofferto …Un abbraccio a te e a Lui grande come il nostro mare, quello trasparente che nessuno potrà mai inquinarci: è il mare dell’amore!
Beppe era in Russia, era accanto al tenente Moscioni e al Sergente Rigoni Stern. Nei pressi di Nikolajewka un colpo lo ferì. Riuscì a tornare a casa, alla fine della guerra…
Così ne parla Mario Rigoni Stern ne “Il sergente nella neve”.
Onore a voi, Beppe, Mario, Cristoforo, a tutti i soldati andati avanti.
“Sento qualcuno che geme e invoca aiuto. Mi avvicino.
È un alpino che era al mio caposaldo sul Don. È ferito alle gambe e al ventre da schegge d’anticarro. Lo circondo con le braccia sotto le ascelle e lo trascino. Ma faccio troppa fatica e me lo carico sulle spalle. I russi ci sparano contro con l’anticarro. Sprofondo nella neve, avanzo, cado, e l’alpino geme. Non ho proprio la forza di continuare a portarlo. Riesco tuttavia a portarlo dove i colpi non arrivano. Del resto i russi smettono di sparare. Dico all’alpino di provarsi a camminare. Egli tenta inutilmente, e ci fermiamo dietro a un mucchio di letame. – Resta qui, gli dico. – Ti mando a prendere con la slitta. E fatti coraggio perché non sei grave.
Io poi, non mi sono ricordato di mandare giú la slitta, ma i portaferiti della nostra compagnia sono giusto passati di là e lo hanno raccolto. Ho saputo in Italia ch’egli si era salvato, e un gran peso mi è caduto dal cuore. Lo ritrovai un giorno, finito tutto, a Brescia. Non lo riconobbi, ma lui mi vide da lontano, mi corse incontro, mi abbracciò. – Non ricordi sergentmagiú? – Io non lo riconoscevo e lo guardavo. – Non ricordi? – ripeteva, e si batteva con la mano sulla gamba di legno. – Va tutto bene ora –. E rideva. – Non ricordi il 26 gennaio? – Allora mi ricordai e tornammo ad abbracciarci con tanta gente attorno che ci osservava senza capire”
14 commenti
Francesco Ortega
per i caduti del corpo di spedizione R.I.P.!
Marinaio Leccese
Onore ai caduti e riposate in pace
Raffaele Napolitana
Fu una pazza decisione che provocò il peggiore martirio che subirono i nostri Soldati. Onori a tutti loro.
Lucio Campana
Furono mandati allo sbaraglio, non avevano nemmeno le scarpe, ai piedi mettevano gli stracci. La neve e il freddo, furono fatali.
EZIO VINCIGUERRA
Molti non ce la fecero a sopravvivere ma, per fortuna, molti furono anche quelli ai quali i contadini russi diedero la vita …e non tornarono!
Ruggiero Oria
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Franco Delfini
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Peruzzi Alfiero
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Gianfranco Maffucci
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Mauro Gavin
Mio nonno è morto il 27 gennaio 1943 in campo di prigionia russo, era un fante del 54 reggimento fanteria della divisione Sforzesca
EZIO VINCIGUERRA
Ciao Mauro Gavin arditissimo amico mio, chissà le pene che ha sofferto …Un abbraccio a te e a Lui grande come il nostro mare, quello trasparente che nessuno potrà mai inquinarci: è il mare dell’amore!
Raffaele Napolitana
Riposino in pace tutti coloro che hanno assistito i nostri Soldati.
Mauro Gavin
grazie Ezio splendide parole da una persona sensibilissima come te,un abbraccio. Nihil Obest
Coro della Brigata Alpina Tridentina in congedo
Beppe era in Russia, era accanto al tenente Moscioni e al Sergente Rigoni Stern. Nei pressi di Nikolajewka un colpo lo ferì. Riuscì a tornare a casa, alla fine della guerra…
Così ne parla Mario Rigoni Stern ne “Il sergente nella neve”.
Onore a voi, Beppe, Mario, Cristoforo, a tutti i soldati andati avanti.
“Sento qualcuno che geme e invoca aiuto. Mi avvicino.
È un alpino che era al mio caposaldo sul Don. È ferito alle gambe e al ventre da schegge d’anticarro. Lo circondo con le braccia sotto le ascelle e lo trascino. Ma faccio troppa fatica e me lo carico sulle spalle. I russi ci sparano contro con l’anticarro. Sprofondo nella neve, avanzo, cado, e l’alpino geme. Non ho proprio la forza di continuare a portarlo. Riesco tuttavia a portarlo dove i colpi non arrivano. Del resto i russi smettono di sparare. Dico all’alpino di provarsi a camminare. Egli tenta inutilmente, e ci fermiamo dietro a un mucchio di letame. – Resta qui, gli dico. – Ti mando a prendere con la slitta. E fatti coraggio perché non sei grave.
Io poi, non mi sono ricordato di mandare giú la slitta, ma i portaferiti della nostra compagnia sono giusto passati di là e lo hanno raccolto. Ho saputo in Italia ch’egli si era salvato, e un gran peso mi è caduto dal cuore. Lo ritrovai un giorno, finito tutto, a Brescia. Non lo riconobbi, ma lui mi vide da lontano, mi corse incontro, mi abbracciò. – Non ricordi sergentmagiú? – Io non lo riconoscevo e lo guardavo. – Non ricordi? – ripeteva, e si batteva con la mano sulla gamba di legno. – Va tutto bene ora –. E rideva. – Non ricordi il 26 gennaio? – Allora mi ricordai e tornammo ad abbracciarci con tanta gente attorno che ci osservava senza capire”