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11.12.1941, marinaio nocchiere Osvaldo Uttaro e il regio sommergibile Caracciolo

di Carlo Di Nitto (Presidente gruppo A.N.M.I. Gaeta)

 e Claudio53

Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com

Disperso l’11 dicembre 1941 nell’affondamento del regio sommergibile “Ammiraglio Caracciolo” – Medaglia d’Argento al Valor Militare “alla memoria”

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Carlo-Di-Nitto-per-www.lavocedelmarinaio.com_Osvaldo UTTARO nacque a Gaeta i1 10 novembre 1920 da Salvatore e da Alessandranna Viola.
Avviato in un primo momento al mestiere di pescatore, poco prima dello scoppio della guerra aveva trovato impiego nel locale stabilimento della Vetreria.
Già ammesso a ritardare in tempo di pace la prestazione del servizio militare per avere il fratello Luigi sotto le armi, il 15 dicembre 1940 giunge al Deposito CREM di Taranto dopo aver volontariamente rinunciato al congedo illimitato di cui godeva.
Destinato sul nuovissimo Sommergibile Ammiraglio Caracciolo ancora in fase di addestramento, seguirà le sorti di questa Unità. Effettua cinque missioni addestrative.

Sommergile Ammiraglio Caracciolo (f.p.g.c. Carlo Di Nitto per www.lavocedelmarinaio.com) - Copia
Da Taranto, il “Caracciolo” salpa per la sua prima missione in zona d’operazioni il 5 dicembre 1941. La destinazione è Bardìa con 126 tonnellate di materiale vario. Cinque giorni più tardi giunge a destinazione e la partenza la sera stessa per Suda, nell’isola di Creta. Durante la notte, tra il 10 e l’11 dicembre 1941, avviene l’avvistamento di un convoglio inglese ed il successivo attacco in emersione del nostro sommergibile. Il disimpegno, la fuga in immersione, ma il “Caracciolo è intercettato dal cacciatorpediniere “Farndale” che, dopo averlo colpito con le bombe di profondità e averne danneggiato anche le prese d’aria, lo costringe ad emergere.

Regio sommergibile ammiraglio Caracciolo (foto per gentile concessione Carlo di Nitto a www.lavocedelmarinaio.com) - Copia
Il Comandante, capitano di corvetta Alfredo Musotto inquadra immediatamente che la situazione è senza speranza ed ordina l’autoaffondamento dell’unità ed il suo abbandono da parte dell’equipaggio. Sono momenti tragici. I cannoni della nave britannica continuano a sparare ed il bagliore dei colpi illuminano il sommergibile italiano. E’ in quel momento che Osvaldo Uttaro, già in acqua per l’ordine del comandante Musotto, si accorge che un altro marinaio è impigliato e rischia la morte. Non ci pensa due volte, poche bracciate ed eccolo a bordo per aiutare il suo compagno che riesce finalmente a salvarsi. Lui, Osvaldo, ormai stremato dallo sforzo non ce la fa e muore insieme al suo comandante che già si era rifiutato di lasciare l’unità per andare a fondo con essa ed altri due ufficiali e 14 tra sottufficiali, sottocapi e marinai.

Osvaldo Uttaro con altri marinai (f.p.g.c. Carlo Di Nitto per www.lavocedelmarinaio.com) - Copia
Per il suo nobile gesto, sarà decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:
Imbarcato su sommergibile sottoposto in immersione a caccia accanita e costretto ad emergere per mancanza d’aria di riserva, nel corso della successiva manovra per l’autoaffondamento dell’unità perseguita dall’avversario, essendo già in mare per il sopravvenuto ordine di abbandonare il battello, tornava volontariamente a bordo per assicurare il salvataggio di un suo compagno. Consentiva così a questi di mettersi in salvo, mentre egli trovava morte gloriosa, lasciando esempio di eccezionale spirito di cameratismo e sprezzo del pericolo”.
(Acque di Bardia, 10 dicembre 1941).

Il regio sommergibile Caracciolo fu affondato l’11 dicembre 1941 alle ore 03.00 circa al largo di Bardia. Era diretto a Suda, con personale italiano e tedesco assegnato a quella base. 
Alle 02.40 avvistava un convoglio che attaccava lanciando due siluri ma l’attacco fallì ed il Cacciatorpediniere inglese “Farndale” gli diede la caccia e lo costrinse ad emergere. Il sommergibile per non essere consegnato si autoaffonda. Il Comandante non abbandonò il natante nave…

Il cacciatorpediniere inglese Farndale recuperò 53 naufraghi ma perse la vita il seguente personale:

– Capitano di Corvetta Alfredo Musotto (Comandante);

– Guardiamarina Milos Baucer;

– Tenente di vascello(GN) Giuseppe Berra;

- C°1 Cl. Sabato Aliberti;

– C°3 Cl. Giuseppe Garibotti;

- 2°Capo Palmiro Ferrari;

- Sergente Guido Bregaglio;

- Sottocapo Mario Bragagnolo;

- Sottocapo Antonio Caruso;

– Sottocapo Panfilo Ciavattone;

– Sottocapo Enrico Consolo;

- Sottocapo Albino Coslovich;

- Sottocapo Martino Fungi;
– Sottocapo Onorato Leto;

– Sottocapo Ettore Scarpantoni;

– Comune 1^ classe Bruno Menetto;

- Comune 1^ classe Osvaldo Uttaro.

Osvaldo Uttaro (f.p.g.c. Carlo Di Nitto a www.lavocedelmarinaio.com) - Copia

15 commenti

  • Raffaele Napolitana

    Eravamo, siamo e saremo sempre fratelli.Nessuno al mondo lo potrà disconoscere. Ovunque tu sia Nocchiere OSVALDO riposa in pace

  • EZIO VINCIGUERRA

    Riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo coccolato dal ricordo di Carlo Di Nitto e dei fratelli di mare di Gaeta

  • giuseppe panin

    Mio padre, maresciallo CC, era imbarcato con altri Carabinieri e pare fosse l’unico a salvarsi dei suoi commilitoni in quanto per il mal di mare si trovava in sala macchine quando fu colpito: mi raccontò dell’emersione e della falcidie dei primi ufficiali che uscirono da parte della mitraglia inglese, che sparava a zero per non permettere l’accesso alle armi in dotazione del sommergibile, del salvataggio con le gomene e di un trattamento stranamente riguardoso da parte degli inglesi che credevano trattarsi di un alto grado in quanto maresciallo; chiarito l’equivoco condivise il destino degli altri sopravvissuti, che furono trasferiti in uno dei più grandi campi di prigionia in sud-africa a pretoria. Rimase lì un anno in più dopo la fine della guerra, incaricato di riportare in patria gli ultimi italiani che nel frattempo erano ancora rimasti lì dove bene o male avevano trovato ambientamento e messo radici.

  • ezio

    Buongiorno signor Giuseppe,
    grazie di questa commovente testimonianza che rende onore suo padre e anche a chi si è immolato fino all’estremo sacrificato.
    Lo scopo principale, l’incipit di questo diario di bordo, è quello di dare “voce” anche ai figli, ai figli dei figli e così fino a quando le mie e nostre forze ce lo permetteranno.
    Con l’aiuto della preghiera e con la forza dell’amore gradisca un abbraccio grande come il mare ma anche come il suo misericordioso e pio cuore di figlio.
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

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