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Lucio Dalla e Padre Pio (parte prima)

di Piero Laporta (*)
www.pierolaporta.it

Estratto per gentile concessione dell’autore a www.lavocedelmarinaio.com.
Per la stesura completa digitare:
http://www.pierolaporta.it/lucio-dalla-e-padre-pio/#more-10010

Lucio Dalla fu legato a padre Pio e al Gargano. Un legame limpido e duro, un diamante, di cui oggi rimane la luce.
L’artista ha d’altronde peculiari complessità che, unite a quelle altrettanto sfaccettate del frate, ne fanno una gemma, le cui facce si sottraggono a un’osservazione complessiva, persino di quanti hanno condiviso pezzi importanti di vita con Lucio. Uno di questi è certamente Michele Bottalico, marittimo di Manfredonia.
«Cumpe’, come steji? La famiglia sta bene? E i bambini?»
Michele vorrebbe udire ancora queste semplici domande dalla voce del suo amico Lucio, pronunciate in perfetto dialetto di Mambredònje, Manfredonia. Lucio vernacolava come fosse nato nei vicoli del porto garganico e in una certa misura era proprio così.

Lucio Dalla e PadrePio f.p.g.c. Piero Laporta a www.lavocedelmarinaio.com
«Cumpe’, come steji? La famiglia sta bene? E i bambini?» le prime parole di Lucio ogni volta che telefona a Michele o quando s’incontrano dopo un po’ di tempo.
Michele parla un po’ in italiano e molto in dialetto di Mambredònje, con accento forte e di tanto intanto italianizzato.
Che cosa hai perso con Lucio? Ammutolisce mentre scorre la moviola di trent’anni di amicizia, lavoro, avventure, fratellanza.
«Ho perso più che un fratello» Suo fratello Matteo annuisce, seduto accanto a lui, per niente offeso dalla posposizione, condivisa persino. E Michele racconta.
Per mare con l’Olimpia, trasportando materiali per la residenza di Lucio alle Tremiti, Lucio cercava di chiamare i fratelli a Manfredonia ma il contatto falliva. Ne era lacerato perché la madre era ricoverata in gravi condizioni nell’ospedale di padre Pio, a san Giovanni Rotondo. Invocò Lucio alle Tremiti, con la radio di bordo: «Per favore fatti dire come sta.»
Lucio attese Michele nel porticciolo di San Domino, a bordo del velocissimo motoscafo d’altura già in moto: «Dai, salta su, ti porto a Manfredonia in un attimo. Oppure faccio venire l’elicottero da Foggia e quando atterri trovi un’auto che ti porta a casa in venti minuti».
Michele declinò l’una e l’altra offerta. La tristezza di Lucio gli aveva detto prima ancora che parlasse che la fretta era superflua. S’aggrappò al fatalismo dell’uomo di mare; però il ricordo di Lucio, lì ad aspettarlo, prodigo d’aiuto e consolatorio, lo commuove ancora.
Siamo nel salotto di casa di Matteo, a poche decine di metri dal mare, lungo la riviera dell’«Acqua di Cristo», la sorgente fra gli scogli, dove Lucio dirigeva sovente la sua passeggiata preferita, dall’incrocio fra viale Miramare e via dell’Arcangelo, pochi passi dal Castello e dal chiosco di Tommasino, gelataio leggendario, accanto all’arena Impero, dove Lucio bambino gustava i film gratis dal balcone di casa.
Se Michele sognasse Lucio nel chiedergli «Cumpe’, chiamami al telefono», egli non esiterebbe un istante, comporrebbe il numero e non si stupirebbe affatto d’udirne la voce: «Cumpe’, come steji? La famiglia sta bene? E i bambini?».
«Lucio è speciale» Michele ne parla coniugando il tempo presente.
«È una persona davvero speciale. Prima d’un concerto alle Tremiti, diluviava e il mare in tempesta impediva l’arrivo delle barche e degli spettatori dalla terraferma. Lucio che facciamo? Chiesi in ansia, dimenticando che altre volte, nella stessa situazione, aveva risolto allo stesso modo».
In quale modo? Chiedo, ma Michele ha già cominciato a rispondere «Non preoccuparti» rispose Lucio «facciamo una preghiera a padre Pio, vedrai che ci aiuterà.»
Lo aveva fatto altre volte. Lucio si raccolse in una breve e intensa preghiera. Pochi minuti dopo il cielo tornò azzurro, il sole splendeva di nuovo e il mare era calmo. Almeno tre volte Michele ha assistito a episodi analoghi. Succedeva e poi non ne parlavamo più. «Per Lucio fare così era semplice e naturale».
Aveva 23 anni quando incontrò Lucio per la prima volta alle isole Tremiti, arrivandovi con la sua nave che trasportava il necessario per la vita nelle isole; era l’estate del 1982.
Riconobbe Lucio sulla banchina del porticciolo di San Domino. Sapeva che vi dimorava.
Michele non è timido e l’occasione fu ghiotta. Scambiarono qualche battuta e il cantante, com’era usuale, non si sottrasse.
«Chiunque lo interpelli per strada per parlargli o per un autografo trova Lucio disponibile» Michele lo ripete più volte «Se gli rappresentano un problema di povertà o di malattia, allora lo fa suo concretamente» conclude.
«Un giorno eravamo per strada insieme a De Gregori. Questo s’era camuffato sotto un giaccone col cappuccio e gli occhiali; fu ignorato dalla gente. Lucio invece lo riconobbero subito e lo circondarono. Non si sottraeva mai; battute, saluti, fotografie, si immergeva nella folla con la stessa beatitudine che gli dava il mare. L’altro stava in disparte, guardandolo un po’ sorpreso ma forse anche con una punta di invidia: Lucio era felice».
Lucio, che faccio li allontano? Chiese Michele una delle prime volte. «No, no, devo essere grato a questa gente». FINE PRIMA PARTE …CONTINUA

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Piero Laporta per www.lavocedelmarinaio.com(*) Piero Laporta, osservatore delle ambiguità del giornalismo italiano, dal 1994 s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come del resto sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo. Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, non solo italiani (Libero, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi).
Ha scritto oltre 4mila articoli. Cura le rubriche “Tripwire” per il Corriere delle Comunicazioni (dal 2004) e “Il Deserto dei Barbari” per il mensile Monsieur (dal 2003); collabora col settimanale Il Mondo del Corriere della Sera e con Il Tempo.
Oggi il suo più spiccato interesse è la comunicazione sul web, fondando il  sito  http://www.pierolaporta.it  per il blog OltreLaNotizia.
È cattolico, sposatissimo, ha due figli.

19 commenti

  • Silvana De Angelis

    Ogni orizzonte vissuto spalanca
    un orizzonte più grande, più vasto,
    dal quale non c’è scampo se non
    vivendo…………….E come diceva il grande Lucio Battisti….Lo scopriremo solo vivendo….!!!!!!! BUON VENTO E BUONA NAVIGAZIONE A TUTTI I MARINAI! FELICE GIORNO…..(anche se piovoso…)

  • Marinaio di Lago

    Ciao Marinai quello che è successo apparentemente ha dell’incredibile…sono certo che anche voi comprendiate perché la vostra gioia di vivere è quella che Lui ci ha donato 😉

  • Nino Cubito

    E si’! Ogni tre ho quattro anni ci vado. Sono devoto di Padre Pio.
    Ti auguro buon pomeriggio Ezio Pancrazio Vinciguerra con questa storia mi hai svegliato tanti ricordi.un’abbraccio…

  • EZIO VINCIGUERRA

    Ciao Nino e grazie della testimonianza… ti racconto di persona quello che è accaduto. Un abbraccio a te e all’allegra compagnia. Falli ridere sempre Nino, falli ridere…

  • Simona Bolognesi

    da bolognese e appassionata di Lucio Dalla e… grazie Ezio Pancrazio Vinciguerra!!!

  • EZIO VINCIGUERRA

    Ciao Simona, non avevo dubbi. E’ una testimonianza che apparentemente sembra incredibile. Sono certo che Lucio era un “angelo” mandato dall’Altissimo in mezzo a noi…
    Arrivederci in “Piazza Grande” Marinaio
    …dove è profondo il mare tra la gente del porto, i ladri e le puttane.
    (Lucio Dalla, 4 marzo 1943 – 1 marzo 2012)
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/03/4-3-1943-il-mare-in-piazza-grande/
    Se io fossi un angelo, non starei nelle processioni nelle scatole dei presepi, starei seduto fumando una Marlboro al dolce fresco delle siepi, sarei un buon angelo, parlerei con Dio, gli ubbidirei, e amandolo a modo mio gli parlerei, a modo mio, e gli direi:
    – ” Cosa vuoi tu da me?”…
    …“Lo so che Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è sulle panchine in Piazza Grande, ma quando ho fame di “mercanti” come me… qui non ce n’è.
    A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io. Avrei bisogno di pregare Dio, ma la mia vita non la cambierò mai, mai, mai. A modo mio quel che sono l’ho voluto io e, se non ci sarà più gente come me voglio morire in Piazza Grande, tra i gatti che non han padrone come me, attorno a me, tra la gente del porto, ladri e puttane che mi chiamano “Gesù Bambino”.

  • Simona Bolognesi

    “Navigando controvento
    Non sai cosa troverai
    Ma se hai qualcosa dentro capirai (…)
    Gesù Cristo era un pezzente
    Tutto meno che potente
    Nudo e sporco è sulla croce
    Per non diventare re
    Non aveva in tasca niente
    Per camminare sopra il mare
    Non seguiva la corrente
    Né dei venti da sfruttare…” (Controvento) ed è meglio che mi fermi qui Ezio Pancrazio Vinciguerra sennò andrei avanti per ore. Abbracci.

  • EZIO VINCIGUERRA

    … anche io mi perderei nell’immenso del suo e loro mare. Ti confesso che adesso, a distanza di tempo, gli chiedo perdono per non aver capito il suo “divino” messaggio.
    Un abbraccio a te “grande e profondo come il suo mare” ma anche un pochino di questo piccolo ed ostinato marinaio che grida quanto si ostina quanta sia bella la vita.
    Stiamo attenti al lupo.

  • EZIO VINCIGUERRA

    Adesso si dopo avere letto l’articolo di Piero Laporta… sembra una storia incredibile ma non lo è e voi di quella zona conoscete anche Michele e altri santuari…un giorno di questi dovrò fare un pellegrinaggio. Un abbraccio a tutti, grande come il mare e come l’amore che ci hanno trasmesso.

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