Attualità,  Marinai,  Racconti,  Recensioni

Il molo di Ognina

di Arturo Cammarata

14 novembre 2013: piove sul prato che circonda la mia casa di San Michele chef, chef, il cielo è malato e forse, solo lui ne conosce la ragione. Penso al mio sole di Sicilia e ai 35 gradi di Catania. Come sarebbe bello, se potessi bagnarmi, nel mare di Taormina! Andarci, per confondere la mia tristezza, tra terra e sole, per non farmi contaminare dal male profondo che divora la mia gente. Non so, come sia potuto ritornare, nelle mie mani, il mio vecchio libro di poesie siciliane, che, allora, costava 300 lire. L’apro a caso e appare la lettera del soldato Peppino che pare lo faccia apposta per farmi accapponare la pelle e riportarmi a tutti quei ricordi e al 1955, quando un giorno, passeggiando sul molo del porticciolo di Ognina, in un periodo di tempesta di mare, che con le sue onde entrava nel porto e sballottava le barche; anche io, come tanta gente, c’ero andato per cercare e trovare il sapore del mare. A questo punto del racconto, sento che mi ci vorrà l’aiuto del poeta dialettale, Giovanni Formisano, al quale ruberò alcuni passaggi di una sua novella siciliana, per scrivere meglio tutto quello che non riesco a dire con parole mie: grazie Giovanni Formisano, amico caro di mio padre e grazie a tuo nipote che mi ha regalato questa tua raccolta di poesie siciliane. C’ero anch’io su quel molo a guardare i pescatori che non avevano fatto in tempo a guadagnare il golfo e si battevano come forsennati per rientrare, da un’impresa che sembrava impossibile. Le campane della piccola chiesa dei pescatori, suonavano per richiamare le madri e le spose di quegli uomini coraggiosi che rischiavano le loro vite per sfamare i figli. La gente: familiari e curiosi, incominciarono ad arrivare e a guardare verso il mare, maledicendolo. A bordo delle barche, gli uomini imprecavano e allo stesso tempo pregavano la madonna della piccola chiesa del porto e promettevano che se l’avessero scampata, non sarebbero più andati per mare e piuttosto avrebbero cambiato mestiere, ma non sapevano fare altro e qualche giorno dopo, col bel tempo o no, ritornavano e rischiavano, contro un mare che, in un momento di follia, se li poteva portare via. Quel giorno, guardando il mare Ionio, non potei fare a meno di pensare alla mia ultima tempesta d’amore che simile a delle enormi onde voluttuose, mi aveva spezzato il cuore. Anch’io, come quei pescatori, avevo promesso che non mi sarei mai più innamorato. Era a causa di quel mio ultimo amore se quel giorno, stavo passeggiando su quel molo del porto di Ognina….”

Il molo di Ognina - www.lavocedelmarinaio.com

13 commenti

  • EZIO VINCIGUERRA

    Buongiorno Arturo e grazie.
    Mi hai fatto sentire a casa e, per un emigrante di poppa, come me respirare il profumo del mare è vivere.

  • Arturo Cammarata

    essun commento ma solo amari ricordi di gioventù:. In Sicilia la solitudine è personale, non la si può dividere con gli altri, è un rischio da non correre, diventi vulnerabile e rischi di farti strappare l’anima, in una terra dove l’umano e il bestiale possono ignorarsi o azzuffarsi come lavandaie, in un giorno di mercato. I lanzichenecchi d’un tempo ci hanno rubato anche quello che non era nostro, ci hanno strappato l’onore e le tradizioni rurali, trasmettendoci, come per gli Inca, le loro pseudo culture, le loro malattie, e pensare che eravamo quelli della Magna – Grecia. E ora tutto quello che ci resta è Chic e viene smerciato per sicilianità. Io, il cronista che scrive questa storia, spesso, ritorna nella sua martoriata terra di Sicilia e con la sua Kodak, cattura eventi e fatti che, con monotona crudezza, propone come ciclo storico necessario, ma non sempre veritiero. Le mie più belle foto sono state e restano quelle di certe solitudini veraci: un ciabattino davanti all’uscio di casa e quasi incartapecorito, un vecchio pescatore, sul molo del porticciolo, mentre riprende le maglie delle reti, il colore del sole, quello del crepuscolo e poi l’apparire di una luna pallida e stanca di ripetersi all’infinito; il sole è quasi sempre rosso e tosto, l’acqua del mare è sempre una fabbrica di sale, anche se, adesso, il sale è sporco e rischi un’epatite, ma la gente del mare se ne frega e se ne serve per salare acciughe a rischio; nell’aria volano solo corvi, gazze ladre e gabbiani che si comportano come galline nelle discariche a cielo aperto. Infondo al porto, nel vecchio molo, una nave turca, per un’overdose di ruggine, si lascia morire d’inedia. Da anni, le ciminiere di via Messina non fumano più, un mio amico architetto e comunista come me, con un dispendio incredibile di denaro, le ha trasformate in cattedrali per i soliti noti. Dall’altro lato della città, là dove c’è il cimitero, detto dei tre cancelli, si va verso la piana e poi verso il villaggio di mia madre e un po’ più in la, in quello di mio padre, villaggi dove Dio, non si è data la pena d’andare perché non c’è il petrolio come in Iraq, ma solo tante solitudini: i passi d’un vecchio contadino e quelli del suo asino, sono solitudine rupestre, il rumore d’un piccolo ruscello senza vita né pesci è solitudine, il canto delle cicale è isolamento, sentieri interrotti e ritardi;
    da noi ci sono confini, con dentro tanti confinati ad una vita di attese infinite; Anno domini 1770 annu cchiù o menu, in Sicilia fin d’allora, la fame si tagliava col coltello e se ora non si taglia più è perché, metaforicamente parlando, non ci sono più i buoni coltelli di una volta. “cu arrobba ppi manciari nun fa piccatu”, detto antico e spesso attuale, soprattutto, in quelle parti del mondo che, volutamente, ignoriamo, perché non è solo la scusa del povero, ma una necessità per sopravvivere o far morire qualche bambino in meno. Ogni tanto da un cucuzzolo della provincia dell’Agrigentino o del Messinese, un villaggio si stacca, fa morti di tutte le età e scende a valle. E anche queste frane sono solitudine. Minuscole chiese cristiane, dove Gesù, la sua famiglia e i parenti sono di gesso e non sudano e non fanno miracoli e resta ancora qualche vecchio contadino che, che in compagnia del suo mulo, s’arrampicano, cantando antiche nenie siciliane.

  • EZIO VINCIGUERRA

    ma quanto verismo e quante belle istantanee in questo tuo pregevolissimo racconto. Complimenti sinceri Arturo Cammarata. Le medesime sensazioni li provo, purtroppo, anch’io quando passo davanti a luoghi e ricordi della nostra amata città, della nostra amata terra.
    Hai ragione da vendere quando affermi che “queste frane sono solitudini”…le nostre!

  • Salvatore Spoto

    Ezio, fratello di mare, il sole di Ognina è meraviglioso perchè non tramonta mai: sorge tra il bagliore dei raggi che fanno brillare l’acqua, azzurra e profonda, scenario della vicenda del “collega” marinaio Ulisse.”

  • DANIELA LI GRESTI

    PER NOI OGNINESI CHE IL MARE LO ABBIAMO NEL CUORE NON AVREMO MAI CONFINI NE LIMITI GRAZIE EZIO CAPITANO MIO CAPITANO TI STIMO MOLTISSIMO E TI AUGURO UNA BELLISSIMA GIORNATA

  • SILVANA DE ANGELIS

    Solo l’occhio dell’uomo può interpretare come banali gli aspetti della Natura. Errore. La Natura ti sorprenderà sempre……………FELICE GIORNATA GENTE DI MARE!

  • Arturo Cammarata

    sugli scogli del golf di Ognina c ‘era e c’è sempre il ristorante costa azzura, ed io a vent’anni, giovane direttore di sala diressi quattro scugnizi nel servizio di sala, con me c’erano i figli del proprietario, Ciccio e Masino Alioto: Tempi duri, pochi clienti,, paga con il lanciapietre, una cucina così cosà e una gran voglia di scappare via. Il mare di ognina con il lido Spoampinato ci si poteva bagnare ed ora?

  • Antonino Virgilio

    ezio sei un carissimo ma proprio il tasto di ognina mi dovevi toccare? sei andato dritto al cuore, ed io per farti dispetto stasera mi farò una passeggiatina proprio nella piazza di ognina. a proposito sai dove si è sposata mia figlia? nella chiesetta dei pescatori nel porticciolo.

  • EZIO VINCIGUERRA

    Grazie a Voi carissimi, un emigrante di poppa come me, non può rimanere indifferente. Il profumo del mare di Ognina arriva fin qui.
    Carissimo Antonino Virgilio a prestissimo pubblicherò la tua recensione sul blog del mio libro.
    Carissimo Arturo Cammarata ho difficoltà a mandarti sulla tua mail di facebook un messaggio (mi da errore). Mandami sulla mia mail il tuo indirizzo in modo che questo emigrante di poppa possa omaggiarti del suo libro. Ci conto.

  • EZIO VINCIGUERRA

    …C’era una volta un lido Spampinato (Corallo), con uno scoglio bianco, dove mangiavamo “mauro”, dove il sottoscritto ha partecipato ad una scena del film “Mimì Metallurgico”, dove gli amici musicanti e pescatori mi hanno cresciuto dopo la morte di mio padre, dove un emigrante di poppa ha lasciato, come voi, i ricordi più belli.
    Adesso rimane, per fortuna, la Chiesa
    https://www.facebook.com/…/Parrocchi…/422868454466675…

  • Idrocalor Nuove Soluzioni

    se vuoi un po di profumo di sicilia te lo posso inviare in un flacone . ciao grazie per i complimenti alla n/s sicilia.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *