La disfatta di Matapan,  Storia

La disfatta di Capo Matapan (4^ e ultima parte)

a cura di Michele Striamo

 

Il tiro a segno di Matapan

Le navi inglesi ormai nei pressi della formazione italiana si stavano preparando per un attacco notturno di cacciatorpediniere, infatti l’Amm Cunningham aveva mandato in avanscoperta sia gli incrociatori di Pridham Wippel, sia un gruppo di otto caccia al comando del C.V. Mack.
Fu proprio questo gruppo alle 20.40 con il radar dell’Orion, poco dopo essere stato distaccato dal grosso, a rilevare una nave ferma ad una distanza di 6 miglia che fu ritenuta essere la Vittorio Veneto, era il Pola. L’ammiraglio inglese si limito a segnalare la posizione di quella nave lasciando ad altri il compito di finirla in quanto il suo compito era quello di prendere contatto col grosso italiano. L’Amm Cunningham ritenendo anch’egli tale contatto la nave da battaglia italiana diresse subito per tale rilevamento con il grosso con la Warspite seguita in linea di fila dalla Valiant, dal Formidabile e dal Barham. Alle 22.03 la Warspite avvistava sul radar il bersaglio che tutti continuavano a credere fosse la Vittorio Veneto e subito le navi inglesi accostarono verso di esso; da bordo del Pola furono avvistate sagome di grosse navi ad una distanza di circa 4000 metri, ma il comandante ritenendo che si trattasse della I div. convinto che in zona non ci fossero navi nemiche, lanciò un razzo very rosso da segnalazione che fu avvistato dalle navi inglesi. Prima ancora di entrare in contatto visivo con la nave ferma, tuttavia, apparvero le navi di Cattaneo rilevate quasi contemporaneamente a vista dalla plancia della Warspite e al radar della Valiant. Immediatamente Cunningham manovrò per prendere i nuovi arrivati sotto il tiro delle corazzate, facendo uscire di formazione la Formidable. Da osservare, per mettere in maggiore evidenza la portata dell’errore di Cattaneo, che la manovra prevista dalle norme tattiche della Royal Navy, in quelle circostanze, sarebbe stata un accostata in fuori di novanta gradi per evitare che i caccia di scorta nemici potessero mettere a segno qualche colpo fortunato. Avendo rapidamente constatato che di caccia in grado di attaccarlo non ce n’erano, invece, Cunningham, ignorò la prassi ed accostò con decisione in modo da mettere le sue navi nella migliore formazione per far fuoco sul nemico.

Alle 22.27, da distanze comprese tra i 2000 ed i 3000 metri iniziò il massacro: il primo ad essere investito fu il Fiume che ricevette in rapida successione 5 colpi da 381 che devastarono le sovrastrutture, subito dopo anche lo Zara ricevette un gran numero di colpi che provocarono un enorme incendio nella zona prodiera, i sistemi vitali delle due navi furono messi fuori uso dai proiettili da 381 delle corazzate inglesi, sicchè Zara e Fiume passarono in pochi secondi da essere navi da guerra a torce galleggianti.

Da parte loro i caccia italiani in un primo momento accostarono in fuori, ma tre di essi furono ugualmente colpiti. Il Ct. Alfieri ripetutamente colpito prima di affondare riuscì a sparare alcuni colpi da 120 mm. e con un azione disperata il Comandante Toscano lanciava tre siluri che non andarono a segno, il Ct. Carducci prima di affondare si getto in avanti facendo nebbia per proteggere gli altri due Ct. della 9^ squadriglia Oriani e Gioberti che probabilmente incapaci di discernere cosa stesse succedendo poterono solo dileguarsi nella notte riuscendo pur con qualche danno a bordo a sfuggire alla strage.

L’azione di fuoco durò solo 4 minuti. Gli scafi in fiamme delle 4 navi furono finiti dai siluti dei Ct. britannici. Anche il Pola impossibilitato a difendersi fu affondato dai siluri delle navi inglesi.

I soccorsi

Molti superstiti del Pola furono presi a bordo dai caccia di Mack che poi mando a fondo l’incrociatore con un siluro. L’equipaggio inglese ebbe l’impressione che sul Pola ogni parvenza di disciplina e organizzazione fosse svanita. In effetti, dopo il colpo incassato diverse ore prima, c’era stato un momento di panico in cui molti uomini si erano gettati in mare. Accortisi poi che la nave non correva rischio immediato di affondare, essi chiesero ed ottennero di essere issati di nuovo a bordo ma, intirizziti e senza possibilità di asciugare gli abiti bagnati si denudarono e cercarono di combattere il freddo intenso di quella notte con bevande alcoliche. Quello spettacolo poco edificante di uomini nudi ed in stato di ebbrezza, sdraiati in coperta fra mucchi di vestiti bagnati e bottiglie di liquore che rotolavano un po’ dappertutto, fu la prima impressione che gli inglesi ebbero del Pola. Non c’è da stupirsi che la loro propaganda rese l’episodio ancora più imbarazzante per gli italiani. Come molti marinai del Pola, la maggior parte di coloro che sopravvissero a Matapan furono presi a bordo delle navi inglesi la mattina del 29 marzo, cioè quando la squadra britannica stava rimettendosi in formazione alla volta del ritorno. L’ironia della sorte volle che, proprio mentre erano impegnate nelle operazioni di soccorso, l’aviazione tedesca attaccasse le navi di Cunningham, il quale ritenne opportuno rimettersi in moto. L’Ammiraglio inglese fece comunque trasmettere in chiaro, a Roma, le coordinate del punto dove si trovava la maggior parte dei naufraghi e Riccardi, nel ringraziarlo, gli fece sapere che la nave ospedale Gradisca era già in rotta.

Bersagliati dal sole durante il giorno e afflitti dal freddo durante la notte, i naufraghi videro le loro fila, e le loro speranze, assottigliarsi di ora in ora, con uomini che soccombevano alle loro ferite, alla sete, o alla pazzia, senza che i loro compagni, indeboliti dalle sofferenze, potessero fare qualcosa per aiutarli.

Quando la Gradisca arrivò in zona, riuscì a recuperare appena 160 uomini e per qualche tempo si trovò letteralmente a navigare in un mare di morti galleggianti. E’ quasi certo che la bassa velocità della nave ospedale, unita alla scarsa efficienza dei suoi proiettori, che rendevano problematiche le operazioni di ricerca nelle ore notturne, fecero sì che il novero dei caduti si ingrossasse ancora di più.

Il dopo Matapan

Quando le navi superstiti tornarono alle basi, Iachino fu chiamato a rapporto, prima da Riccardi e poi, più brevemente da Mussolini. L’Ammiraglio, nel suo incontro col Capo di Stato Maggiore, cercò subito di mettere in luce le carenze delle organizzazioni che avrebbero dovuto facilitare il suo compito, in particolare l’Aeronautica e Supermarina, è lamentò il fatto che la flotta fosse priva di portaerei. Mussolini, che a sua volta aveva da un certo tempo rinnegato, almeno in cuor suo, la teoria che l’Italia in qualità di “portaerei protesa nel mediterraneo”, non necessitava di quel tipo di nave, diede ordine di riprendere i lavori che avrebbero dovuto modificare in portaerei due piroscafi. La decisione, corretta ma tardiva, finì col non giovare allo sforza bellico italiano in quanto, al momento dell’armistizio, nessuno di quei bastimenti era pronto. Del resto, ci sarebbe voluto molto di più. Le lezioni del Giappone, degli Stati Uniti, e della Gran Bretagna indicavano che , per arrivare a poter impiegare efficacemente l’aviazione imbarcata, ci sarebbe voluto un periodo di messa a punto che l’Italia, anche cercando di accelerare i tempi facendo tesoro dell’esperienza altrui, non avrebbe mai avuto. Anche sui temi del radar e del combattimento notturno gli italiani caddero dalle nuvole. Se la Regia Marina avesse fatto più attenzione a eventi avvenuti nei mesi precedenti, avrebbe raggiunto la logica conclusione che gli inglesi non esitavano a utilizzare le grandi navi in condizioni di oscurità. Eppure si dovette arrivare a Matapan perché gli italiani se ne rendessero pienamente conto. Si procedette così ad istallare su alcune unità  italiane dei radar tedeschi, come del resto si utilizzarono su alcune siluranti dei sonar attivi di progettazione germanica per migliorare la loro efficacia contro i sommergibili. Queste misure, seppur benefiche, arrivarono sempre troppo tardi per colmare il divario tecnico fra la Regia Marina e la Royal Navy.

L’ombra di Matapan perseguitò sempre la Regia Marina. Le conseguenze della battaglia, se così si può chiamare Matapan, furono pesanti dal punto di vista delle perdite, ma più pesanti ancora dal punto di vista psicologico. Matapan, infatti, costituì un brusco risveglio per quanti, in base agli eventi di Punta Stilo e Capo Teulada, avevano cullato l’illusione di essere in grado di combattere gli inglesi ad armi pari. Le voci di un apparecchio segreto che consentiva al nemico di vedere nell’oscurità si diffuse tra gli equipaggi, come pure serpeggiò il sospetto, mai confermato, che gli inglesi erano stati informati degli intendimenti italiani da traditori all’interno della regia marina. I movimenti della flotta poi, già parzialmente paralizzata dalla mancanza di combustibili, furono ulteriormente limitati per evitare di mandare le navi in zone dove la protezione area non poteva essere assicurata. Era come dire che gli ingenti fondi che erano stati stanziati fra le due guerre per costruire la quinta flotta del mondo erano andati a vuoto, o quasi.

Considerazioni

Le proporzioni del disastro ammontarono a più di 2300 morti, oltre 800 prigionieri   una corazzata danneggiata, tre incrociatori pesanti e due cacciatorpediniere affondati; il tutto con un nulla di fatto all’attivo: tanto ci costò l’assurda notte di Matapan, la più grande sconfitta di tutta la storia della nostra Marina. La missione voluta per motivi politici, continuata per motivi politici era stata un fallimento completo: si era inviato una forza navale al largo di Creta, isola piena di aerei nemici, non si era pensato che le navi inglesi potessero uscire da Alessandria per contrastarci (nessuna ricognizione aerea prevista per il giorno 28 marzo sul porto egiziano), si erano ritenuti sbagliati un gran numero di messaggi che informavano tutti che una potente formazione nemica stava inseguendo le navi italiane, senza poi contare gli errori umani di valutazione: si è già detto che riguardo al comportamento di Cattaneo, si possono solo fare supposizioni e congetture mentre Iachino, da parte sua, difese sempre a spada tratta la sua decisone di mandare in soccorso del Pola l’intera prima divisione. Per giustificarsi, affermò che sulla base degli scarsi e incompleti dati che aveva a disposizione per valutare la composizione e le intenzioni del nemico, la sua infelice scelta fu logica. E’ indubbio che, a torto o ragione, il quadro della situazione che si andò a formare nella mente dell’Ammiraglio durante quel 28 marzo fu oltremodo ottimista e che egli si convinse che il grosso di Alessandria non era in mare. Anche se le informazioni in possesso di Iachino furono solo quelle che egli più tardi ammise di aver posseduto c’erano indizi a sufficienza per ritenere che gli inglesi erano alle calcagna delle Regie navi. Si accese quindi, fin dall’inizio, un aspra polemica che durò per anni e che, in un certo senso, detrae da un’altra considerazione che ritengo fondamentale per valutare in modo più completo l’errore di Iachino. Se anche quella notte la mediterranean fleet non fosse stata sul piede di guerra, infatti, sarebbe stato ben difficile che gli inglesi, sapendo che per mare c’era almeno una grande nave nemica in avaria, non avrebbero fatto di tutto per mandarla a fondo il giorno successivo. Se avessero sopravvissuto all’oscurità, dunque, Zara e Fiume, impacciati dal Pola a rimorchio, avrebbero dovuto percorrere centinaia di miglia durante le ore di luce mentre erano ancora vulnerabili alle offese aree e subacquee nemiche. Il rischio, in ultima analisi, andava ben al di là della possibilità di un incontro notturno con navi di superficie, sicché la scelta di Iachino sarebbe stata discutibile a prescindere da come in effetti andarono le cose.

La lista degli errori o meglio orrori potrebbe continuare a lungo. Non ritengo giusta l’attenuante della mancanza di navi portaerei, si sapeva che non le avevamo e ci lanciammo lo stesso in questa stupidissima missione. Per il mio parere fu una missione in cui sbagliarono tutti i protagonisti: Supermarina, Iachino ed  in misura minore anche Cattaneo. Però mentre il povero Ammiraglio Cattaneo affondava spontaneamente con la sua divisione, Iachino ebbe confermato il comando della flotta da battaglia e Riccardi il Ministero della Marina!

12 commenti

  • rosario

    Scusate ma nella accurata ricostruzione a mio avviso manca una cosa che ho letto solo in un libro che adesso non ricordo se era Traditori in divisa o qualche altro, ma i nostri Ufficiali prigionieri degli Inglesi notarono in bacheca l’ordine di operazioni inglese che era datato ben 5 giorni prima di quello Italiano che era stato ritirato in plico sigillato a Supermarina.

  • ezio

    Carissimo Rosario,
    apprezzo il tuo commento anche se condivido parzialmente perché col senno di poi.
    Ci sono state sicuramente degli errori ed infatti nelle osservazioni Striamo si sofferma
    su qualcosa di non chiaro e ialino.
    Il libro a cui ti riferisci si intitola “Fucilate gli ammiragli” di Gianni Rocca dove l’autore approfondisce
    (e non è stato ancora smentito) gli aspetti non chiariti dell’ultimo conflitto mondiale.
    Un abbraccio Ezio Vinciguerra

  • ezio

    La lista degli errori o meglio orrori potrebbe continuare a lungo. Non ritengo giusta l’attenuante della mancanza di navi portaerei, si sapeva che non le avevamo e ci lanciammo lo stesso in questa stupidissima missione. Per il mio parere fu una missione in cui sbagliarono tutti i protagonisti: Supermarina, Iachino ed in misura minore anche Cattaneo. Però mentre il povero Ammiraglio Cattaneo affondava spontaneamente con la sua divisione, Iachino ebbe confermato il comando della flotta da battaglia e Riccardi il Ministero della Marina!

  • Marino Miccoli

    Congratulazioni al maresciallo Michele Striamo per il suo pregevole scritto sul “tiro a segno” (come lui l’ha giustamente definito)effettuato dalla flotta inglese sulle navi italiane a Sud di Capo Matapan la tragica notte del 28 marzo 1941. Condivido molti dei contenuti e delle osservazioni da lui espresse.
    Quella fu una drammatica esperienza che ha segnato profondamente e in maniera indelebile la vita di mio padre Antonio che fu uno dei pochi uomini del Regio Incrociatore FIUME sopravvissuti.
    Grazie di cuore per quanto ha scritto, stimato maresciallo Striamo.

  • Rosario Bonanno

    A proposito di questa pagina luttuosa della nostra marina, penso che i maggiori errori sono stati fatti prima dell’inizio del conflitto, infatti, per tale data doveva essere pronta la forza navale, pronta in tutti i sensi, anche tecnoligicamente, e naturalmente con portaerei, altro che l’italia è già portaeri.
    Cosa che non è stata.
    Penso a quei poveri marinai, che facevano da bersaglio agli inglesi, che pena.
    Aggiungo che forse fù un periodo storico in cui mancarono grandi marinai strateghi – certo non mancarono gli eroi.

  • dissera bragadin

    Sono un marinaio del R.Incr. Trieste, sdt adetto alle segretere comando o ammiraglio finita la mia carriera come cap. di fregata. feci una quindiucina di diari e molte foto originali a consegnatimi dagli inglesi nei raduni che facevamo a follonica. in termini di riscontri leggevo i messaggi prima io che i comandi interessati

  • Giorgio Dissera Bragadin

    sono un marinaio del Trieste, la nave che ha combattuto a Gaudo ero addetto alle segreterie comando o ammiraglio per cui trasmettevo i messaggi che arrivavano ai vari interessati. Ho terminato la mia permanenza nella R. Marina come cap. di fregata.Le foto pubblicate su questo riferimento storico,sono dell’amm. Luigi Sansonetti che ci porto alla battaglia navale e del “Trieste” la nave pure riportata su questo inserto. Ho scritto i libro “il mio capo matapan, causa prima della tragedia:- il collasso psico-fisico sul “Pola” dalla voce dei superstiti – 70 anni dopo -ed. da me nel dicembre 2012″. Molte foto sono personali altre perdute nei naufragi come quei diari, naturalmente non ci sono. “Tutto Storia” ne ha un curricolum al prezzo di costo che però non ho ancora visto

  • giorgio dissera bragadin

    Interessante e giusta è la descrizione di questo scntro navale che non si può chiamare battaglia in quanto non ci fu un contatto balistico consenziente e comunque da una sola parte. Interessante notare come l’operazione “Gaudo” che doveva contrastare l’operazione “Lustre” inglese intesa a trasportare uomini, armi e materiali dall’Egitto alla Grecia era più rilevante ai Tedeschi che erano in procinto di attaccare la Grecia che a noi Italiani che anzi vedevamo smobilitarsi il fronte cirenaico per il trasporto delle divisioni Inglesi appunto in Grecia per sdebitarli per aver concesso le basi navali agli Inglesi dopo la nostra dichiarazione di guerra alla Grecia Quindi di fatto sotto la pressione tedesca si configurò nell’ operazione Gaudo che pottò al disastro di Capo Matapan. Noi segnalatamente avevamo la visione di essere scoperti da un Sunderlan che ci ombreggiava a distanza, ma Supermarina pur di accontentare il Tedesco non sospese l’operazione che ci cacciava nelle fauci aperte del nemico. Il nostro attacco alla Grecia (28 ottobre ’40) che determinò la consegna delle basi navali agli Inglesi, conentì all’amm. ABC di arrivare di soppiatto nei pressi di Taranto e di farci affondare mezza flotta da battaglia da non dimenticare che la 7 div. inglese penetrò in Adriatico soprendendo un nostro convoglio nei pressi dell’Albania dove rifulse l’episodio del tv. Giovanni Barbini (MOVM)che con la torpediniera “Fabrizi” contrasto il nemico.
    Questi episodi visti in prima persona li trascrissi sul mio libro “il mio Capo Matapan” che si esauri in poco tempo e oggi è in ristampa. Se qualcuno vuole invarmi la foto del padre con un breve curriculun posso inserire nel nuovo testo. Leggetelo benedetti ho colto questi aspetti per voi. GDB.

  • caterina giacco

    La rovinosa sconfitta di Capo Matapan è il risultato della cecità e del provincialismo di chi fu al comando della Regia Marina.Mancanza di portaerei,. e di radar, impreparazione al combattimento notturno,tattiche di combattimento obsolete, il taglio del T ad esempio. L ‘ammiraglio Jachino avrebbe dovuto lasciare che si compisse l’ inevitabile destino del Pola.cordiali saluti.

  • Mario

    Carissimi Amici Marinai
    Sono grato a chi mi può dare notizie sull’affondamento della nave POLA nella battaglia di Matapan e il percorso della prigionia dei suoi marinai. “Tassano Aldo” prigioniero di questo affondamento. Queste notizie servono alla nipote di Tassano, ormai deceduto da diversi anni, per una tesi sulla Batt. di Matapan
    Grazie per la Vostra collaborazione

  • Lorenzo Colombo

    Mario: ho cercato di linkarti due pagine che penso possano esserti molto utili, ma credo che ci sia qualcosa che non funzioni nei commenti contenenti links, dunque ti scrivo come arrivarci:
    1) Digita su Google “pub 10 bravenet il dramma del pola” (senza virgolette), apri il primo dei risultati (“Re:Classe Zara – – A Bravenet.com Forum”): scendendo un poco troverai un post dello storico Francesco Mattesini (estratto da un suo libro su Matapan) intitolato “Il dramma del Pola”; è la ricostruzione più dettagliata che io abbia mai trovato su quanto accadde a bordo del Pola.
    2) Digita su Google “la guerra dei radar il suicidio dell’italia”; clicca sul secondo risultato dall’alto, è un’anteprima (parziale) del libro offerta da Google Books; digita nella casella di ricerca “Giuseppe Anzevino” e troverai le pagine che contengono una sua lunga testimonianza sull’ultima notte del Pola (lui era un cannoniere imbarcato su questa nave).
    3) I superstiti del Pola, 688 su 1024 uomini di equipaggio, furono tutti catturati dagli inglesi e credo internati, come altri superstiti di Matapan, nel grande campo di prigionia di Zonderwater in Sudafrica – cercando su Internet puoi trovare facilmente informazioni su questo campo, e anche su questo blog La Voce del Marinaio c’è almeno un articolo in cui se ne parla (ad opera di Marino Miccoli, il cui padre Antonio, sopravvissuto del Fiume, fu internato a Zonderwater).

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *