Attualità

E per Natale: stoccafisso o baccalà?

di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

Dal mare di Norvegia alle tavole italiane. La Penisola è tra i principali importatori di stoccafisso.
Lo stocco, il “re” delle tradizioni. Pescato nell’arcipelago delle Lofoten, il merluzzo essiccato arriva in Italia dove sposa i prodotti tipici del territorio dando vita a piatti diventati parte della cultura gastronomica locale. Dalle nordiche isole Lofoten alle tavole italiane: lo Stoccafisso norvegese ha conquistato un posto di primo piano tra le cucine e le tradizioni regionali nostrane. Dal Veneto alla Sicilia, dalla Liguria alle Marche, il merluzzo essiccato del mare di Norvegia è arrivato nel Belpaese dove ha incontrato con successo le spezie locali, diventando parte del patrimonio culinario italiano. Negli anni, oltre alle ricette tradizionali, gli italiani hanno imparato ad apprezzarne la versatilità, proponendolo sulle proprie tavole in piatti moderni, particolari e innovativi, anche rimettendo mano ai piatti più classici. Tanto che la Penisola è tra i principali importatori di Stoccafisso di Norvegia. Le ricette?
Tutte diverse, a seconda di come la morbida carne bianca dello stoccafisso (o stocco, come viene chiamato al Sud), fatta rinvenire in acqua, ha sposato i prodotti del territorio. Sono nati così grandi piatti della tradizione italiana: c’è lo stoccafisso alla anconetana, quello alla vicentina e alla messinese, lo stoccafisso mantecato alla veneziana e le ‘declinazioni’ liguri e calabresi. (tutte le ricette).
Potrebbe essere stata proprio Venezia a scoprire per prima il celebre alimento. Grazie, secondo la tesi più accreditata, al commerciante Pietro Querini, naufragato a causa di una tempesta alle isole Lofoten (arcipelago situato nel mare di Norvegia). Il merluzzo essiccato ha presto riscosso un grande successo: si è rivelato, infatti, ottima merce di scambio e un prodotto che, a fronte di una lunga conservazione, offriva grande nutrimento a costi accessibili ai più. Inoltre, dopo il Concilio di Trento, si è prestato all’osservanza delle regole che prevedono di ‘mangiar di magro’ durante la Quaresima. Da Venezia a Vicenza. Qui lo stoccafisso ha trovato la sua declinazione più famosa, e anche blasonata, a livello nazionale: il baccalà alla vicentina, tutelato dalla Venerabile Confraternita istituita nel 1987 per conservare e promuovere questo orgoglio gastronomico locale. Va precisato che si parla di ‘baccalà’ con una sola ‘c’, proprio per distinguere lo stoccafisso dal baccalà vero e proprio (che invece è merluzzo sottoposto a un processo di salatura). La ricetta tipica vicentina vuole che il pesce venga servito con la polenta, dopo che sia stato fatto ‘pipare’ a lungo in un tegame di coccio, mentre ad Ancona lo si accompagna con le patate. A Imperia, invece, lo stoccafisso ha sposato i pinoli. Anche al Sud il merluzzo essiccato ha i suoi  estimatori: a Napoli, Mammola (Reggio Calabria), Messina. Nelle cittadina calabrese, ad esempio, ogni anno il 9 agosto si tiene la ‘Sagra dello Stocco’ con degustazioni di piatti cucinati secondo le diverse ricette della tradizione mammolese.
A Roma, poiché non c’è la tradizione di tenerlo in acqua  viene venduto già bagnato e conservato sottovuoto: pronto per essere cucinato con il pomodoro, in umido, oppure solo bollito con l’aggiunta di olio a crudo, prezzemolo e spezie a  piacere.
Lo stoccafisso è un pesce fantastico. Cuoce velocemente come tutti i pesci, ma ha qualcosa in più: era’ un pesce fresco, essiccato e poi rigenerato, che ti consegna il meglio di sé proprio perché ha riposato. Come un vino rosso d’annata.
La differenza tra stoccafisso e baccalà è nel processo di conservazione: il primo è conservato per essiccazione, il secondo invece mediante salatura.

Un commento

  • Marino Miccoli

    Caro Ezio ti tevo dire che mi hai fatto venire una fame!!! Pensa che dalle mie parti, nell’amatissimo Salento, il baccalà è definito RONGHETTO.
    Comunque, chiamiamolo come vogliamo, rimane sempre un ottima pietanza natalizia!

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