Racconti,  Storia

La divisa da marinaio tra curiosità e leggenda

di Salvatore Russo

Chi fin da piccolo non ha immaginato di indossarla, navigare per i “sette mari”, avere avventure, scontri contro pirati e corsari?
Molti marinai come me si sono arruolati per conoscere il mondo, avere contatti con altri popoli, paesi e mentalità che esulano dalle nostre cognizioni e spesso dalle nostre logiche, in buona sostanza per  “allargare gli orizzonti”.
Le curiosità che citerò sono solo il frutto di racconti tramandati da “padre in figlio”, da “anziani a reclute”.
Non esiste, che io sappia, traccia scritta  o “verbo” sulla storia della divisa da marinaio ma una cosa certa: in Marina nulla è lasciato al caso!
E, a furor di logica, mi imbarco in questa breve storia ricca di aneddoti.
I marinai vestono due divise:
–  quella per la “franchigia” (libera uscita)  usata a seconda delle stagione estiva o invernale;
– quella da casermaggio.
Nel nostro caso parleremo della divisa da lavoro che usavano i nostri predecessori.
Anticamente i marinai erano soliti impeciare (mettere la pece) i loro codini. Infatti se non avessero adottato questo sistema avrebbero avuto problemi con le loro lunghe e fluenti chiome. Ovviamente la pece sporcava il dorso dei “Camisacci” (le casacche) per cui iniziarono a mettervi un pezzo di stoffa o fazzoletto che con il passar del tempo è rimasto in uso in tutte le marinerie del mondo.
Solo in un secondo tempo ai solini sono state aggiunte guarnizioni e/o colori (ad esempio il nostro solino è di colore blu mentre quello degli americani è bianco). Sembra che le nostre due strisce bianche che adornano il solino servano per ricordare gli ultimi due conflitti mondiali. Ma questa è storia recente!
Tornando indietro nel tempo, si racconta che quando i vecchi marinai dovevano salire sugli alberi, coffe, sartie eccetera se avessero usato dei pantaloni stretti alle gambe, sicuramente avrebbero trovato difficoltà nel piegare le ginocchia per cui adottarono dei pantaloni a “gamba larga o a zampa” e da qui l’uso di questo capo di vestiario che è stato tramandato fin quasi ai nostri giorni.
La pattina invece serviva in caso di caduta in acqua. Infatti essa impediva all’acqua di avere un immediato contatto con l’inguine per cui l’organismo avrebbe avuto un contatto ed adattamento graduale alla parte del corpo in quel momento più delicata. Inoltre, una volta acclimatato l’organismo, i pantaloni, si potevano “sfilare” con molta facilità. Sempre relativamente ai pantaloni a “zampa” risulta che servissero anche ad essere arrotolati più facilmente per il posto di lavaggio in coperta (ponti di legno e piedi scalzi) oppure per un più veloce sfilamento in caso di necessità ed infatti erano completamente privi di bottoni o lacci da sciogliere.
Nella nostra Forza Armata questo tipo di pantalone è stato dismesso da pochi anni.
Il cordone bianco legato al fazzoletto nero sembra che venisse usato dai vecchi marinai  per agganciarvi il coltello a serramanico, da utilizzare velocemente in caso di bisogno, per tagliare qualche cima in caso di emergenza o, come si racconta, durante le frequenti risse tra marinai. Il cordone inoltre poteva anche servire per legature di emergenza.
I bottoni sembra invece che fossero utilizzati solo dagli ufficiali. Questi, essendo nobili, per pulirsi il naso con il polsino della giacca (pratica molto diffusa all’epoca) trovavano l’impedimento dei bottoni e quindi  erano obbligati ad usare il fazzoletto.

N.d.R.
All’argomento si consiglia anche il seguente link
https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/11/la-divisa-del-marinaio/

2 commenti

  • Salvo

    Ringrazio di cuore Ezio per ciò che hai pubblicato..la mia è una passione,che fin da quando avevo 5 anni non ho pensato altro che la Marina Militare.. Per me questo grandissimo sogno è davvero tutto, perchè la Marina per me è come una seconda famiglia..grazie davvero di cuore ezio
    saluti Salvatore.

  • Antonio Corsi

    caro Salvatore
    Capisco la tua voglia di diffondere le notizie inerenti la nostra Marina Militare e la cosa ti fa onore.
    Avrei, però, un piccolo appunto da farti.
    Tenuto conto che il tuo articolo è scaturito, anche se con qualche piccola variazione, da un altro sito avrei gradito che avessi messo anche le informazioni necessarie a rintracciare il sito da dove sono state estrapolate (Biografia).
    A questo, come titolare del sito, rimedio io.

    http://www.anmisora.it/divisa.html

    Fraterni saluti
    Antonio Corsi

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