Marinai,  Racconti

Ezio Ricciolino e gli “amici intimi”

autoritratto

Ciao a tutti mi chiamo Pancrazio Vinciguerra ma da bambino mi hanno sempre chiamato Ezio perché dove sono nato,a Castelmola (Me), tutti  si chiamano Pancrazio e Giorgio per perpetuare una tradizione che vuole si assegni il nome del nonno paterno ai nipoti primogeniti maschi.
A me comunque Ezio  piace anche se mi ha creato qualche problema. Infatti, nell’attuale comune di mia residenza, il sindaco non mi voleva sposare perché  mi conosceva come Ezio e non come Pancrazio… figuratevi il prelato.
Ho vissuto la mia infanzia e giovinezza a Catania.  Infanzia segnata dalla povertà e dalla perdita del padre all’età di 10 anni. Un’infanzia felice, una adolescenza in salita ma con l’affetto di mamma Maria e di due sorelle più grandi, Nina e Angela.
Non avendo fratelli maschi con cui confidarmi, sono stato svezzato dai pescatori di Ognina (un quartiere sul mare a est di Catania) che mi hanno trasmesso l’amore per la vita e per il mare ed affettuosamente mi  hanno soprannominato “ricciolino” per via dei miei capelli.
Anche nel quartiere e più tardi in città per tutti ero Ezio o Ricciolino.
A undici anni vedendo pigiare i tasti dell’organista nell’oratorio della chiesa, mi innamoro perdutamente della musica e già a 13 anni con una piccola band suonavo nelle piazze e nei locali della Sicilia.
La musica, la scrittura e il mare sono sempre state una costante della mia vita e ancora oggi, unitamente alla famiglia, sono le cose che amo di più, praticamente la linfa vitale della mia esistenza terrena.
Dopo un periodo di vacche grasse sono arrivati i periodi di silenzio …in tutti i sensi.
Il silenzio quando dura poco può essere di estremo aiuto, ti aiuta nella concentrazione ma, quando perpetua, ti porta alla solitudine. Proprio la solitudine mi ha fatto conoscere gli aspetti più interiori, reconditi e latenti dell’anima mia!
Per mia fortuna, in questi periodi bui e tristi della mia esistenza, c’è sempre stato un angelo, un qualcosa che non so definire, che mi ha preso per i “ricciolini” e mi ha tirato fuori da brutte e spiacevoli situazioni. L’unico sostegno  è arrivato da alcuni amici marinai “abili e arruolati” e soprattutto dagli amici “diversamente abili” che mi hanno tirato i “ricciolini” riportandomi alla cosiddetta quotidianità razionale.
Una cosa è certa  credetemi: nulla nasce per caso… e in questo bellissimo viaggio chiamato vita , c’è un qualcosa che ci sfugge e che non sempre riusciamo a spiegare.
E’ il “mistero” della vita come il Supremo ci ha insegnato.
La forza interiore e il coraggio hanno dato un senso alla mia vita. Penso infatti che una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio.
La nostra generazione seppur con i suoi pregi e difetti (mi riferisco ai 68ini e soprattutto a chi ha vissuto la giovinezza negli anni ’70) ha creduto in certi ideali ed ha fatto cadere tanti tabù nella nostra amata Italia.
Oggi ci vantiamo di avere una giurisprudenza che tutela donne, famiglia e persino i cani.
Bene, sulla carta costituzionale tutto bene, ma in realtà le cose non vanno così.
Di fatto, assistiamo quotidianamente allo sfascio e al degrado dei valori cristiani in nome di un becero interesse fatto esclusivamente di materialismo esasperato. Le nostre case e le nostre vite sono piene di cose inutili e allo stesso tempo vuoti di emozioni e di sentimenti.
La famiglia non è più centrale, esistono adesso le famiglie “allargate”, la scuola è stata immiserita e i più bravi sono emigrati verso altri orizzonti. La meritocrazia non esiste più, è un concetto obsoleto e di altri tempi, dire buono equivale a fesso ecc. ecc. ecc. Questa è la fotografia impietosa del nostro Bel Paese all’inizio di questo nuovo millennio.
Non vorrei tediarvi ma nemmeno apparire quello che nel mio “ego” non sono.
Penso che abbiamo un compito importante da svolgere “amici intimi” e cioè quello di “educare” i nostri figli, i nostri discenti, e non “soffocarli”. Se uso il termine soffocare credetemi lo uso con parsimonia: siamo diventati noi adulti e genitori i “protagonisti” ed i nostri giovani, i nostri ragazzi, non sognano più come le generazioni che ho citato prima. Molti ragazzi oggi hanno un solo interesse: apparire e non essere!
Non voglio naturalmente essere generalista ne, tanto meno, fare prediche e morale (…neanche chi dovrebbe farla questa benedetta morale da i buoni esempi: religione – politica – istituzioni).
Urlo solamente a chi mi è vicino o mi sfiora questo concetto per me essenziale:

la vita è l’ultima abitudine che dobbiamo perdere perché è la prima che abbiamo preso.
La felicità come la vita è l’unica cosa che possiamo dare.
La felicità non è una barca da attraccare in un porto ma è il modo di viaggiare: cioè la vita stessa
”.

Che il Supremo ci conservi sempre la sensibilità e la grandezza intellettuale, l’integrità morale e l’amore verso il prossimo, virtù che noi “amici intimi” innatamente possediamo.
Vi abbraccio e vi stringo forte forte al cuore e sono felice che Lillo, un marinaio come me ma meno fortunato, ci ha fatto conoscere.

P.s. andiamo troppo “veloci” abituiamoci a pensare piano ma con i “sentimenti”.

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