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L’elemento acqua cura vincente per disabili

di Pancrazio Ezio Vinciguerra

Amici del marinaio vi voglio raccontare la storia di Francesco, nato con microlesioni da parto al cervello, e amorevolmente curato  dai genitori. Francesco sarebbe stato una ragazzo quasi “normale”, nonostante le inevitabili difficoltà, se la cecità e l’ottusità dei nostri sistemi assistenziali e scolastico, non avessero provocato in lui una chiusura totale al mondo.
Oggi Francesco vive nella normalità, non ha problemi di equilibrio, non ha problemi di ambientamento e di adattamento, interagisce ed è pienamente integrato con gli altri coetanei e più in generale con tutti. A suo tempo consigliai alla mamma di portarlo in piscina. Il contatto con l’elemento acqua e la frequenza di corsi “ad hoc” (con l’ausilio ed il sostegno dei genitori e del personale sanitario e volontario che lo hanno accudito e sostenuto), lo ha aiutato nel difficile cammino per l’inserimento a pieno titolo nella quotidianità della vita. L’amore per l’elemento acqua prima e l’incontro con il mare dopo, ha fatto si che Francesco chiedesse ed ottenesse il permesso dai genitori per frequentare un corso di vela.
Nel nostro Paese corsi e regate a favore delle persone con patologie psichiche più o meno gravi si sono diffusi dai primi anni del 2000 grazie a numerose associazioni (individuabili in Internet sotto la voce “Velaterapia”) che hanno spalancato le porte delle loro sedi per accogliere ed assistere le persone diversamente abili. Queste scuole e associazioni, attrezzate da tempo per portare in barca disabili o persone che hanno problemi di tossicodipendenza o di emarginazione sociale, stanno svolgendo un compito essenziale nella società.
Ogni istruttore, come del resto ogni velista, sa che la conduzione di un’imbarcazione è faticosa a livello fisico, ma è straordinariamente stimolante dal punto di vista sensoriale. Il corpo e tutte le facoltà intellettive sono infatti coinvolti durante la navigazione: un’esperienza unica specialmente per chi è costretto a vivere in istituti psichiatrici o di lunga degenza dove l’attività fisica e sociale non è davvero paragonabile a quella della vela. Poi, a bordo, si sperimenta lo spirito di gruppo, si acquisisce un “ruolo” e quindi la coscienza di essere necessari, ci si deve relazionare per forza con caratteri diversi e così si impara a limare il proprio ed a considerare le ragioni degli altri. Ci si confronta con le ansie e le paure che ognuno si porta dentro e che in queste persone sono spesso ingigantite dal male. La barca rappresenta, in altri termini, una miniera di stimoli motivazionali in particolare per i portatori di handicap.
L’obiettivo principale di chi si occupa di “velaterapia” è, in buona sostanza, quello di migliorare il processo di autostima e restituire dignità all’essere umano degradato da una malattia psichica o fisica, da una storia di droga o di delinquenza,  attraverso la consapevolezza di poter essere in determinate situazioni, autonomi e in grado di prendere decisioni. In estrema sintesi offrire un’ulteriore possibilità, o almeno provarci.
La “scoperta delle proprie capacità”, la certezza di avere avuto un “ruolo” e la “collaborazione” con i compagni, sono fondamentali per la crescita della consapevolezza di sé ed hanno ricadute positive anche nell’ambiente familiare, sociale e lavorativo, confermate dalle molte testimonianza dei  familiari e dai datori di lavoro nei vari incontri conclusivi di “verifica”.
Oggi, sempre di più, si crede con entusiasmo al valore riabilitativo e risocializzante del mare ed è una bellissima realtà italiana quella in cui persone disabili e normodotati mettono insieme e integrano le loro forze per raggiungere i porti della solidarietà della vela terapia. L’incontro con il mare, l’esperienza nella conduzione e del comando, lo spazio ristretto, l’apprendere strategie, il sapere che si è una pedina indispensabile per la navigazione sono stimoli unici per la crescita psicologica sociale.

“La disabilità non è un mondo a parte, ma una parte del mondo” (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra)

2 commenti

  • ezio

    Fogli Gabry
    Che bellissima testimonianza e ti dirò che tra l’altro non ero al corrente di questi corsi e di queste “terapie” acquatiche.
    La vita in uno spazio ristretto, anche per chi non ha problemi, è un gran banco di prova per tutti i motivi che hai già menzionato, ma che questo fungesse anche da terapia per bambini che hanno difficoltà a relazionarsi, o per chi arriva da percorsi devastanti, basti pensare alla droga, è per me una bellissima scoperta. Grazie Ezio, sono queste le notizie di cui vorrei poter leggere sempre.

  • ezio

    Veramente bello Ezio, d’altronde noi non abbiamo mai avuto dubbi dell’importante è fondamentale ruolo del nostro amico mare. Soprattutto su quella parte del mondo cui molti per ignoranza è indifferenza definiscono un mondo a parte.
    roberto.cannia@hotmail.it

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