Storia

Storia delle fregate antiche

di Pancrazio Vinciguerra

Gli inizi del ‘600 vedono i costruttori navali di tutto il mondo impegnati in una specie di gara indirizzata verso misure e forme che, pur non sacrificando il sempre crescente armamento, abbagliasse per la grandiosità e lo splendore delle decorazioni. Si ebbero così costruzioni memorabili come il “SOVEREIGN OF THE SEAS” soprannominato il Diavolo d’Oro per la sua potenza e lo splendore delle numerosissime decorazioni, la “COURONNE”, il “PRINCE”, l’ammiraglia olandese “DE ZEVEN PROVINCIEN” e moltissime altre di pari sontuosità. Il tutto seguendo una strada iniziata presso a poco un secolo prima dai portoghesi con la costruzione della “SANTA CATARINA DU MONTE SINAI”, grande legno al limite tra la caracca ed il galeone ma con sovrastrutture molto imponenti. Tutto questo conduceva fatalmente ad un armamento e dei dislocamenti e naturalmente degli armamenti con conseguente riduzione della possibilità di manovra. Proprio in questo periodo del grandioso e del decoratissimo i costruttori navali sentirono l’esigenza di snellire le forme, alleggerire le ossature ed iniziarono a considerare la possibilità di costruire un’unità più agile se pure fortemente armata. Non era infatti inconsueto che un grande vascello si trovasse in qualche difficoltà in occasione della cattura di qualche legno minore più agile. E’ infatti risaputo che un vascello all’ancora poco poteva contro l’attacco di un brulotto (prende questo nome qualunque tipo di nave alla quale viene dato fuoco lanciandola contro il nemico) che, pur avvisato per tempo, giungeva al bersaglio prima che questo avesse potuto salpare le ancore e muoversi a sufficienza.

Le prime navi da guerra denominate “fregate” risalgono però salvo casi sporadici, alla seconda metà del ‘600. Da principio non vi fu una codificazione specifica tanto è vero che si ebbero fregate molto piccole come la “BERLIN” del 1674 (prima tra le fregate brandeburghesi), oppure molto simili ai vascelli minori come la grande “FEDERICO GUGLIELMO” del 1680, armata con 64 cannoni e grandiosamente decorata. Anche quest’ultima era del Brandeburgo e tra questa e la Berlin corrono sette anni. Questa disparità di forme e misure non meraviglierà se si considera che il termine fregata compare per la prima volta applicato ad una piccola galera mediterranea armata con 14 cannoni e che veniva impiegata con compiti esplorativi. In una descrizione della Battaglia di Lepanto sono nominate fregate alcune galere in servizio di caccia e avanscoperta. Anche gli spagnoli, al fine di consentire alle loro unità provenienti dalle americhe di sfuggire alle veloci incursioni corsare, crearono apposite navi molto veloci che denominarono fregate.

Man mano che la fregata assume una sua fisionomia scompaiono le suntuose decorazioni, si abbassano sul livello dell’acqua sia il cassero che il castello fino a scomparire del tutto come elevazioni e l’attrezzatura velica diventa più imponente e di più facile manovra. Quando la fregata raggiunse il massimo della sua evoluzione ebbe un solo ponte armato coperto e la seconda batteria era alloggiata sul ponte scoperto oppure solo parzialmente coperto dalle elevazioni del castello e del cassero. Il periodo delle forme in evoluzione e delle attribuzioni incerte durò circa un secolo. Fu infatti solo nel 1748, sotto l’amministrazione dell’Ammiraglio inglese Alson, che l’ammiragliato britannico codificò tale unità descrivendone la conformazione fino nei minimi dettagli e stabilendone l’impiego. La prima fregata che rispecchiò tale regolamentazione fu la “ADVENTURE” che fu costruita nel 1748. La fregata cominciò così a essere costruita appositamente per la guerra da corsa e ne venne notevolmente  ampliata l’alberatura e la velatura semplificandone l’impiego. Divenne quindi un’unità capace di prendere il vento con una prontezza inusitata per quegli anni. Data la sua grande versatilità molti furono i compiti per i quali venne utilizzata: per la caccia ai convogli commerciali nemici, per la scorta di quelli amici, per i lunghi viaggi di scoperta e per la caccia al naviglio armato minore.

La sempre maggiore necessità di unità agili ed atte all’inseguimento sotto costa, cioè con basso pescaggio, determinò inoltre la comparsa di navi ancora più piccole come la corvetta che null’altro è se non una fregata di scarso potere deterrente. Si racconta infatti che un capitano inglese inviato presso un signorotto dell’America Centrale, dette fondo in rada e si recò a dorso di mulo al castellaccio del signorotto che si trovava su di un picco a strapiombo sul mare, per convincerlo ad obbligarlo a fare atto di sottomissione alla Regina. Il personaggio progettò invece di imprigionare il capitano ed il suo seguito per ottenere un congruo riscatto. Lo disse al capitano ma questi gli mostrò da una finestra la fregata in rada dichiarando che avrebbe aperto il fuoco se il capitano stesso non fosse stato a bordo entro una certa ora. Pur dalla sua posizione di forza il ribelle non se la sentì di affrontare il fuoco della fregata e mandò libero il capitano rifiutando però la sottomissione. Questi, non appena a bordo, fece aprire il fuoco sul castellaccio riducendolo in breve ad un ammasso di rovine. Ciò a dimostrare non solo il rispetto che incuteva in quell’epoca una nave armata ed i suoi fanti di marina ma anche che tale rispetto era del tutto giustificato dalle reali possibilità belliche della nave.

In un primo momento la costruzione delle fregate non ebbe un grande sviluppo. La preferenza era data ai grandi vascelli che garantivano un enorme volume di fuoco. I costruttori ricorsero spesso a soluzioni intermedie realizzando fregate possenti e molte vicine, se non maggiori, ai vascelli di terzo rango. E’ possibile che l’affermazione della fregata derivi direttamente dal suo minor costo e costruttivo e di mantenimento anche in considerazione del fatto che tale tipo di nave necessitava di un equipaggio variante tra i 250 ed i 300 uomini. Tale numero era infatti di molto inferiore agli equipaggi dei grandi vascelli e bisogna tenere nel giusto conto la spossatezza delle casse statali di nazioni che erano pressoché perennemente in stato di guerra.

Dal punto di vista dell’impiego nelle grandi squadre navali la fregata non ebbe molta fortuna. Intorno al 1800 troviamo nelle maggiori squadre navali pochissime fregate in servizio effettivo. Stranamente ebbe invece maggior successo in compiti che prevedevano l’impiego di una sola nave. In questo periodo troviamo infatti numerose fregate in missione isolata nei più disparati mari del mondo.

Rammentiamo il caso del piccolo “BOUNTY” che, sotto il comando del capitano Blight, compì quasi il giro del mondo per una missione che oggi definiremo “botanica”.

Celeberrimo anche il caso della “LIDIA”, sempre inglese, che operò nel pacifico centrale per molti mesi e talmente priva di collegamenti con la madre patria da non essere neanche al corrente della cessazione delle ostilità con la Francia.

Fu soltanto nel 1812, in occasione della guerra americana, che la fregata raggiunse il culmine sia tecnicamente che dal punto di vista dell’impiego tattico. Furono infatti gli americani che, un po’  per mancanza di tradizioni nel campo dello scontro navale e un po’ per il minor numero di unità a loro disposizione, instaurarono il sistema di attaccare forze navali a loro di molto superiori ma considerevolmente più lente nella manovra. Questa tattica sconvolse notevolmente le abitudini dei capitani inglesi che tutto si attendevano meno che un attacco così sfrontatamente diretto. In una squadra navale, pur facendo il possibile perché ciò avvenisse, era raro che tutte le unità disponessero della medesima velocità. Succedeva perciò che durante l’accostamento e l’inseguimento di un’unità nemica giungeva a contatto con l’avversario per prima quella nave che disponeva di maggiore velocità. Ed era in quel momento che la fregata inseguita, invece di proseguire nella fuga, cambiava bordo e aggrediva l’inseguitrice. Come si vede è un po’ la storia degli Orazi e dei Curiazi che si ripete.

Le fregate americane come la “CONSTITUTION”, la “ESSEX”, la “PRESIDENT”, a fronte di un considerevole volume di fuoco disponevano di scafi snelli e di imponenti velature. Non è perciò del tutto arbitrario ritenere che la loro successiva evoluzione generasse, nel campo commerciale, la nascita dei clipper che rappresentano l’apogeo della marineria velica di tutti i tempi. Come già detto dobbiamo considerare anche che le fregate americane, con il loro spericolato sistema di attacco, sorpresero e sconvolsero i tradizionali metodi di guerra sul mare che erano ormai stabiliti e convalidati da secoli di applicazione. In più la promulgazione della “Carta dei diritti dell’uomo” aveva determinato un forte scontento tra gli equipaggi inglesi che dovevano registrare un gran numero di diserzioni a favore delle unità americane. Queste ultime garantivano ai nuovi venuti un trattamento più umanitario dove le pene corporali, pur non essendo del tutto abolite, erano senz’ombra di dubbio più tollerabili. Buona parte degli equipaggi americani erano quindi formati da fuoriusciti e disertori inglesi, che non potendosi attendere nulla di buono da una eventuale cattura da parte degli inglesi, si battevano con una determinazione insolita per equipaggi al soldo. Molti noti episodi confermano quanto sopra detto che fece affermare ad alcuni capitani inglesi che “catturare una fregata americana era come afferrare una tigre per la coda”.

Le vicende della guerra americana, o meglio della parte di questa fu combattuta sui mari, dettero poi ragione a quei capitano perché la conclusione non fu certo favorevole alle sorti inglesi. A questo clima di liberalità nei confronti dei marinai contribuì non poco il secondo stendardo inalberato dalle fregate americane unitamente alla bandiera nazionale. Si trattava di una bandiera a fondo bianco portante, in lettere rosso vivo, la scritta “FREE TRADE AND SAILOR’S RIGHTS” che si traduce Libero commercio e diritti dei marinai.

Fra il 1812 ed il 1814 avvennero numerosi scontri navali nei quali prevalsero quasi sempre le fregate americane. Si trattò frequentemente di duelli a due navi. La britannica Java battuta e catturata dall’americana “CONSITUTION”. La “UNITED STATES” comandata dall’anticonformista Stephen Decatur cattura a tempo di  record la “MACEDONIAN” comandata da John Carden. La “CONSITUTION” batte e cattura l’ex vascello francese “GUERRIERE” riarmato dagli inglesi. Infine la “SHANNON” del capitano Brooke riesce a battere l’americana “CHESAPEAKE”.

Questi non sono che alcuni dei numerosi episodi della guerra americana durante la quale la piccola e recente marina statunitense riuscì a mettere alla frusta la potente e tradizionalista marina britannica.

A differenza dei vascelli dove l’Italia può vantare un solo unico esemplare che fu il “RE GALANTUOMO”, nel settore delle fregate abbiamo avuto un buon numero di unità che,pur non raggiungendo la notorietà di quelle precedentemente menzionate, ebbero la loro parte di storia del XIX. Entrarono quasi tutte in servizio con la nascita della nuova Marina Italiana e provenivano dalla Marina Sarda e quella Napoletana.

La loro entrata in servizio avvenne, per quasi tutte le unità, il 17 marzo 1861. Si tratta delle fregate “CARACCIOLO” (ex Carolina), “DES GENEYS” (ex Haute Combe), “PARTENOPE”, “REGINA”, “SAN MICHELE”, “ROBERTO”, “CARLO ALBERTO”, “VITTORIO EMANUELE”, “MARIA ADELAIDE”, “DUCA DI GENOVA”, “GARIBALDI (ex Borbone), “ITALIA” (ex Farnese), “PRINCIPE UMERTO” e “GAETA”.

Quasi tutte costruite nei cantieri navali di Castellamare di Stabia e della Foce di Genova dislocavano tra le 1.400 e le 3.600 tonnellate. Di queste fregate solo le “DES GENEYS” e “SAN MICHELE” non disponevano di appartato motore a caldaie ed è perciò solo di queste  che diamo le principali caratteristiche.

DES GENEYS – Costruita nei cantieri della Foce di Genova. Varata il 13 dicembre 1827, entrata in servizio nella Marina Italiana nel 1861 e radiata nel 1869. Dislocamento 1.400 tonnellate. Lunghezza60 metri circa fuori tutto. Larghezza 13 metri. Armata con 36 cannoni da 80 mm. Equipaggio 156 uomini. Proveniva dalla Marina Sarda e fu adibita al trasporto dal 1854 fino all’anno della sua radiazione.

SAN MICHELE – Senz’altro la più bella tra le fregate italiane. Fu costruita nei cantieri navali della Foce di Genova. Varata nel 1841, entrata in servizio nel 1861 e radiata anch’essa nel 1869. Dislocamento 2.400 tonnellate. Lunghezza fuori tutto circa 68 metri. Larghezza 15,30 metri. Armamento 36 cannoni da 80 mm. Equipaggio 420 uomini. Proveniva anch’essa dalla marina Sarda.

Tutte le sopra menzionate fregate della Marina Italiana, oltre che dalla Marina Sarda, provenivano da quella Napoletana e presero parte ad avvenimenti storicamente rilevanti come la guerra d’indipendenza, la battaglia di Lissa, l’assedio di Sebastopoli ed altri ancora.

3 commenti

  • Marco Spinosa

    Buongiorno, non sono riuscito a capire come devo fare per iscrivermi, sono capitato per caso/fortuna a trovare questo sito che potrebbe aiutarmi a risolvere un enigma che mi assilla da anni.
    Speranzoso di ricevere un aiuto, vi posto il quadro misterioso, per me ritenuto tale.
    ————

    A casa di mio nonno da sempre ho ammirato un quadro di una fregata incisa su lastra di rame, ultimamente ho chiesto la provenienza ? la storia di questo quadro ma nei ricordi di famiglia risulta solo che apparteneva al padre di mio nonno che era un uomo di mare e le notizie finiscono. Il quadro raffigura un veliero con tre alberi con sotto la dicitura ” Frigate Arrogant 1829″ . Ho provato a fare delle ricerche ma non ho trovato niente. Sarebbe una mia grande soddisfazione conoscere la storia di questo veliero stupendo e con questo proposito chiedo a chi ha questa conoscenza di potermi illuminare a riguardo, magari fornendomi le prime basi per poter effettuare una ricerca mirata. Fiducioso in una cortese risposta ringrazio anticipatamente Marco.

  • ezio

    Buonasera signor Marco Spinosa, grazie per la mail e per averci scelto.
    La preghiamo di inviarci una fotografia del quadro per confrontarla con altri velieri.
    Siamo presenti anche su facebook con un gruppo che porta lo stesso nome del blog (lavocedelmarinaio),
    se lei fosse un iscritto a questo social network potrebbe postare anche sul gruppo la foto del veliero
    i maniera che anche gli altri amici le potrebbero dare notizie più dettagliate in merito.
    Cordialità
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

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